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Una bioplastica che non inquina e realizzata dagli scarti del pesce: l’idea tutta sassarese

di Paolo Ardovino
Una bioplastica che non inquina e realizzata dagli scarti del pesce: l’idea tutta sassarese

La società Relicta ha conquistato già importanti fondi d’investimento e imprese

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Sassari Nel mondo vengono prodotti ogni anno centinaia di milioni di tonnellate di plastica. E nel supermercato sotto casa tutto è confezionato nella plastica. Cibo, bevande, casalinghi, attrezzi. Le confezioni sempre più comode, con la frutta sbucciata e le uova già sode, e le porzioni pronte all’uso producono montagne di rifiuti difficili da smaltire e mari inquinati. A trovare la chiave di volta è stata una startup nata da cinque giovani di Sassari. Si chiama Relicta e sta cambiando le regole a livello internazionale. Produce plastica, anzi, bioplastica che nasce dagli scarti industriali di pesce – lische e pelle su tutti – e risolve tutti i mali: «Il suo punto forte è che è l’autosmaltimento: si può utilizzare come una normale plastica e, quando non serve più, si scioglie a contatto con l’acqua».

L’idea ha già conquistato fondi d’investimento e aziende estere e nazionali. A spiegarlo è Mariangela Melino, co-fondatrice e direttrice finanziaria di Relicta. Il materiale è stato ideato dal ricercatore Davide Sanna e al team si sono subito aggiunti Giovanni Conti, Andrea Farina, Matteo Sanna e Mariangela, appunto: «Il gruppo si è formato all’interno nel Contamination lab dell’Università di Sassari, ha messo insieme persone appartenenti a studi e mondi totalmente diversi». Nel 2017 viene depositato il brevetto, Relicta vince appunto il bando universitario, poi quello regionale per le startup dell’innovazione. Fino al 2020 i cinque portano avanti percorsi di specializzazione, presentano il progetto oltremare e oltreoceano, fino ai grandi della Silicon Valley, e costituiscono la società. Nel frattempo proseguono la ricerca, che fa passi da gigante. La loro bioplastica si comporta a tutti gli effetti come una normale plastica.

Il materiale di Relicta nasce da lische e pelle di salmone («ma stiamo lavorando su altri pesci») e la prima precisazione: «È totalmente inodore – spiega Mariangela Melino – oltre che trasparente. Si scioglie se immersa nell’acqua. Nel mare o a temperatura ambiente impiega 20 giorni, con l’acqua bollente pochi secondi. Però non succede niente se bagnata dalla pioggia o messa nel freezer». E soprattutto: «Non è una plastica dannosa per fauna e flora, anzi può persino essere mangiata dai pesci». Tradotto: è il materiale dei sogni. Con tutte le applicazioni di una normale plastica – certo, escluso farne bottiglie per l’acqua – e senza portarsi dietro tutti i contro che questo materiale ha.

«Abbiamo ottenuto risultati positivi per il contatto con gli alimenti». Relicta sinora ha attirato l’attenzione di molti media e imprese proprio per via della sua capacità di contribuire all’economia circolare: «Tra le prime a interessarsi, ci sono state le attività che lavorano nell’industria del pesce». Adesso la società, con sede in via Rockefeller a Sassari, ha alle spalle tre colossi finanziatori, Vertis, Scientifica e 20Fund e dialoga con grandi aziende.

Come spesso accade, è più facile avere successo fuori dai confini isolani, ma ora in Sardegna politica e innovazione hanno drizzato le antenne. Anche se i cinque fondatori della società stanno aspettando la firma a un contratto che potrebbe renderli famosi in tutto il mondo. «Ancora non possiamo dire nulla».

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