Armando Bartolazzi: «Resto al mio posto e adesso ripartiamo»
L’assessore descrive la riforma appena approvata: «Prevenzione e attenzione all’assistenza diffusa»
Sassari Ci ha messo la firma e la difende dagli attacchi. Anche se non sarà la panacea della sanità sarda, l’assessore Armando Bartolazzi protegge la “sua” legge dal fuoco incrociato delle opposizioni che da giorni evidenziano i difetti delle nuove regole d’ingaggio della sanità sarda, a partire dai commissariamenti dei direttori generali delle Asl.
Assessore, iniziamo dalla definizione: è una riforma o una riformina?
«Io direi riforma. È il punto di partenza per cominciare a fare ciò che è necessario per risollevare la sanità. Nella relazione finale ho detto che l’interpretazione del disegno di legge da parte delle opposizioni è stata troppo parziale, che si sono focalizzate sui commissariamenti. In realtà analizzando gli articoli si coglie l’impatto che questa riforma avrà sul sistema regionale».
Ovvero?
«Abbiamo previsto azioni molto importanti dal punto di vista funzionale, come la definizione delle missioni specifiche per ogni struttura. Gli ospedali non possono fare tutto, si devono specializzare in prestazioni specifiche assegnate dopo le analisi delle necessità della popolazione. Se ogni ospedale si specializzasse sul suo territorio, potrà erogare prestazioni migliori e abbattere le liste d’attesa».
A proposito di liste d’attesa, cosa dice ai pazienti?
«L’abbattimento non potrà essere totale, ma potremo governarle. Se l’ospedale di un territorio acquisirà competenze specifiche, potrà garantire un servizio migliore»
Dunque, cosa cambierà?
«La riforma istituisce i centri di riferimento regionale per la prevenzione, la salute mentale e la riabilitazione, che si interfacceranno con l’assessorato. Faccio un esempio: una volta acquisitele linee guida e le direttive di programmazione, sarà il dipartimento regionale della prevenzione a coordinare una rete di dipartimenti omologhi in tutte le Asl».
Sta parlando di una sanità a domicilio?
«Diciamo che il nostro piano di prevenzione include centinaia di prestazioni sanitarie erogabili sul territorio, a partire da quelle oncologiche, come la diagnosi precoce. In questo modo eviteremo il concentramento dei pazienti in uno solo ospedale. Ad ogni modo, la nostra intenzione, come traspare dalla riforma, è rimettere a sistema l’esistente ampliando la rete di collaborazione delle Asl che, purtroppo, non avevano la loro forza nelle loro comunicazioni».
Pensa che chi è costretto a curarsi altrove in futuro possa evitare i viaggi?
«Faccio un altro esempio: la Sardegna, insieme alla Calabria, è l’unica regione senza un ospedale pediatrico. Noi puntiamo alla realizzazione di un Irccs, un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico. Abbiamo i numeri per creare un’eccellenza in ambito pediatrico, che sia in grado di rilancia la ricerca e anche attrarre pazienti da fuori».
Ritornando alle Asl, cosa risponde a chi parla di poltronificio?
«Lo dico con profonda onestà: il problema dei commissariamenti è stato l’ultimo che mi sono posto. Sono un tecnico prestato alla politica, le poltrone sono distanti dal mio punto di vista. È chiaro che in un piano di rifunzionalizzazione ci sono nuove posizioni di governance da definire ma sarà la politica a decidere».
Cioè la sua giunta, anche se lei è un “tecnico”.
«Esattamente come è avvenuto per il testo della riforma, ogni decisione e ogni iniziativa saranno condivise con i miei colleghi della giunta e della maggioranza».
Ritornando alla riforma, cosa prevede per la penuria di medici di medicina generale, uno dei nervi scoperti dalla sanità sarda.
«E non solo, quello dei medici di base è un problema nazionale dovuto allo scarso appeal che questa branca della medicina riscuote negli aspiranti medici. In realtà, la Sardegna è l’unica regione che ha cercato di rendere attrattiva questa posizione, raddoppiando le borse di studio per la formazione ed equiparandole a quelle di altre specializzazioni mediche. Abbiamo anche richiamato i medici in pensione, lo abbiamo dovuto fare perché non potevamo lasciare migliaia di pazienti senza medico. Adesso cercheremo di limare gli aspetti burocratici del mestiere, insieme ai sindacati stiamo cercando di organizzare le Aft, le aggregazioni funzionali di medici di base che possano coprire il territorio. Per la aree interne, dove i pazienti sono divisi in tanti paesini, puntiamo su ulteriori benefit, come l’ambulatorio gratis o la “casa del medico”».
L’ordine dei medici, però, ha bocciato la riforma.
«In quel caso credo sia stato un problema tecnico. Si sono confrontati con il disegno di legge, lo scheletro della riforma. Non hanno valutato gli emendamenti. Comunque io sono molto attento agli stakeholder e dico verranno coinvolti, tutti».
Qualche tempo fa ha detto di avere un anno e mezzo a disposizione. Ci sta per salutare?
«Se l’ho detto, era una battuta in un contesto informale. In realtà non ho alcuna dead line, nessuna scadenza»
Era circolato anche il nome del suo successore.
«Siamo rimasti sorpresi. Una cosa è certa, non sono informazioni arrivate della giunta dove viviamo un clima sereno. In realtà penso che lavoreremo sino alla fine del mandato».
Quindi parlerà nuovamente con i giornalisti? Negli ultimi tempi non è stato molto loquace.
«È vero, non ho parlato tanto perché ho notato un’estrema abilità nel decontestualizzare le frasi con l’obiettivo di mettermi in ridicolo».
Come nel caso della bimba morta ad Alghero?
«Non ho mai fatto dichiarazioni su quella questione. Avevo detto solo che mi sarebbe piaciuto vivere in un Paese in cui si entra e si esce dall’ospedale. Che poi è quello che pensano i cittadini. Invece sono stato accusato di aver strumentalizzato la questione, di avere attaccato i colleghi. Non è andata così».