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L’ex medico in pensione di nuovo in servizio: «Troppa disperazione, giuste le misure di emergenza»

di Enrico Carta
L’ex medico in pensione di nuovo in servizio: «Troppa disperazione, giuste le misure di emergenza»

Arborea, Mimmo Licandro ha accolto l’appello della Regione: «Azione senza senso il ricorso dello Stato»

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Arborea Un tempo era un lavoro, fatto con tanta dedizione, ma pur sempre un lavoro. Oggi quella di Mimmo Licandro, medico in pensione che ha indossato nuovamente il camice e preso in mano il ricettario, somiglia più a una missione che a una professione. In macchina percorre tantissimi chilometri all’interno di un territorio comunale molto esteso e dove i residenti non si concentrano solo nel centro abitato, ma spesso vivono nelle fattorie della vecchia bonifica; gli orari di ambulatorio non sa più cosa siano nel senso che la disponibilità è diventata quasi perenne – e non è certo un cruccio – e i suoi nuovi pazienti hanno una carta d’identità molto datata. Sono quelle persone che ad Arborea erano rimaste senza medico di famiglia. Non se ne trovano nuovi disposti ad andare lì, problema comune a tutto il Terralbese e non solo. La decisione della Corte Costituzionale che ha dato ragione alla Regione è stata per loro un’ancora di salvezza.

Consigliere regionale per diverse legislature e sempre fedele a Forza Italia, oggi Mimmo Licandro non ha paura a prendere posizione e a dire che quelli che stanno dalla sua parte politica, quelli che governano, hanno sbagliato: «In una situazione di emergenza non si può non ricorrere a soluzioni di emergenza, si è sempre fatto così e questa è una considerazione che non può non essere fatta. Ritengo sia stata un’azione senza senso quella che il governo ha promosso contro la Regione Sardegna, è assurdo che a Roma si siano sentiti defraudati dal fatto che a noi medici in pensione sia stata data la possibilità di tornare in servizio. Chi si è opposto a questa soluzione pensata per affrontare l’emergenza sanitaria non ha colto la disperazione delle persone».

Se si cerca un pensiero netto, lo si è trovato. E non sono le sole parole, perché il lato umano della vicenda emerge anche da tutte le altre considerazioni di Mimmo Licandro: «Lavoro più di prima e non guardo né l’orologio né il calendario perché tra i miei pazienti ci sono tantissime persone anziane che non hanno altra possibilità di assistenza. Oggi il mio lavoro è fatto quasi per intero di visite a domicilio, basti pensare che curo una signora di 97 anni, una di 96, altri cinque ultranovantenni e tantissimi ultraottantenni che non hanno un’alternativa. Mi muovo continuamente in macchina e faccio una marea di chilometri, però è una soddisfazione poter fare tutto ciò perché, in fondo, è una battaglia che io stesso ho portato avanti per anni all’interno del mio partito. Ho fatto pressioni continue in passato perché questa soluzione venisse adottata».

Lo sguardo di Mimmo Licandro resta sempre rivolto verso l’obiettivo generale e non verso quello di una o dell’altra fazione: «La salute e la sanità non dovrebbero avere un colore politico, è un diritto costituzionale e come tali va garantito. Non importa a chi vada attribuita la paternità di questa decisione, al governo dovrebbe importare che i cittadini siano assistiti».

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