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Orune riparte da “Poetas e emigrados”: «Non restiamo ostaggi del passato»

di Luciano Piras

	Foto di gruppo dopo il convegno "Poetas e emigrados" (foto di Pietro Floris)
Foto di gruppo dopo il convegno "Poetas e emigrados" (foto di Pietro Floris)

Dopo l’omicidio Contena, tre giorni di grandi eventi in paese nel segno della speranza. La Fasi sempre in prima fila

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Orune «Oggi Orune è chiamata a scegliere: rimanere ostaggio del passato o rinascere nel segno della speranza». Forti e toccanti, le parole di Giuliana Pittalis, assessora comunale alla Cultura. «Oggi non celebriamo solo un evento – ha detto –. Celebriamo la promessa che nulla e nessuno sarà dimenticato. Che ogni nome, ogni storia, ogni silenzio spezzato, troverà finalmente ascolto. Perché Orune merita pace. Merita cura. Merita futuro». La terza edizione di “Poetas e emigrados” è iniziata così, guardando avanti, oltre. Dopo l’omicidio del 32enne Luigi Contena, il 4 luglio scorso, due erano le alternative: annullare le manifestazioni programmate da tempo o tirare dritto e superare subito l’ostacolo del dolore.

Il confronto Ad aprire il convegno ci ha pensato la sindaca, Giovanna Porcu: «Questo è un evento che porta valore culturale e sociale al nostro paese» ha sottolineato davanti agli ospiti arrivati per l’occasione, nella biblioteca comunale “Antonio Pigliaru”: il presidente della Fasi, la Federazione delle associazioni sarde in Italia, Bastianino Mossa; il Circolo “Shardana” di Perugia e la sua presidente, Nicoletta Menneas (di Orgosolo), e con lei il vice, l’orunese Pietro Cossu; il Circolo “Peppino Mereu” di Siena e la sua presidente Dina Meloni (di Siniscola); l’insegnante e scrittrice Stefania Cuccu, che ha presentato il progetto “Desaparecidos sardi in Argentina”; il dj senese originario di Orune e di Fonni, Leonardo Tolu, che ha regalato al pubblico un personale arrangiamento di “Non potho reposare”. Spazio, poi, alla proiezione del docufilm “Oltre il mare” del regista Irio Pusceddu e a un saluto videoregistrato della presidente Giovanna Signorini Falchi e del direttivo del Circolo “La Plata” dell’Argentina.

La Fasi «“Poetas e emigrados” conferma ancora una volta il profondo legame tra la comunità orunese residente e quella dei numerosi orunesi emigrati, in particolare nel Centro Italia, fondamentali in queste regioni nel mantenere la cultura agropastorale – sono state le parole di Bastianino Mossa –. Un legame reso vivo e autentico dal contributo straordinario di donne e uomini che, pur vivendo lontano dalla Sardegna, continuano a coltivare le proprie radici con amore e impegno». A lui, al presidente della Federazione degli emigrati, il compito di mettere in evidenza «quanto sia preziosa l’attività svolta dai circoli e dalla Fasi nel mantenere vivi il senso di comunità, la cultura e il legame con la terra d’origine». «La voce degli emigrati, le loro storie, le loro poesie, non sono soltanto testimonianze di memoria, ma veri e propri strumenti di coesione sociale e di crescita collettiva, per la Sardegna e per l’Italia tutta» ha chiuso Bastianino Mossa.

I versi Chiaramente voluto il riferimento alle poesie. Tra gli appuntamenti dello scorso fine settimana, infatti, c’era anche, a Casa Murgia, la cerimonia di premiazione del concorso letterario “Poetas e emigrados”: la giuria (Giovanna Moreddu, Gianfranco Mariani e Peppino Cidda) ha assegnato il primo premio alla poesia “Manneddu izzu ‘e munnu” di Pietro Serra (da Fonteblanda, frazione di Orbetello, provincia di Grosseto); il secondo a “Cussos fin tempos” di Salvatore Ladu (Mamoiada); terzo a “Su disigiu de torrai” di Antoni Natziu Garau (Palmas Arborea). Due le menzioni d’onore: una a Giovanni Pira (Orgosolo) per la poesia “Si essere poeta”, l’altra a Pietrino Monni (Nuoro) per la poesia “Isettu”. Altre due menzioni sono state assegnate per la musicabilità e cantabilità dei versi: una è andata alla poesia “Terra amada” di Antonello Arba (Urzulei); l’altra alla poesia “Attesu” di autore anonimo. A proposito di canti: ad aprire la tre giorni di eventi, venerdì scorso nella chiesa Santa Maria maggiore, la “Cappella Sistina della Barbagia”, sono stati i cori “Lizera” di Orune, “Urisè” di Orosei e “Bobore Nuvoli” di Nuoro. La serata musicale è stata anticipata da una escursione mattutina alla scoperta delle bellezze di Orune, a cura della Pro loco.

Le maschere A corollario del calendario, una sfilata di maschere etniche, sabato sera nelle vie del centro storico, che ha visto in corteo i Tumbarinos di Gavoi; Urthos e buttudos di Fonni; Maimones, murronarzos e intintos di Olzai; Mamutzones di Samugheo; Corrajos di Paulilatino; su Bundhu di Orani; s’Attitidu osinku di Bosa; Donna Zenobia di Macomer; Boes e merdules di Ottana; e i Krampus degli Alfagor di Merano, direttamente dal Trentino-Alto Adige. Partiti dai Giardini pubblici, i figuranti hanno attraversato il paese per approdare nella piazza Remigio Gattu: hanno chiuso il grande evento i balli sardi con Gianluca Chessa e Paolo Canu all’organetto diatonico e una grigliata voluta dal Comitato Beata Vergine del Carmelo, leva 1979-1994, lo stesso che ha organizzato il SuperPalio di Orune, nel galoppatoio di Su Cossolu. La domenica, invece, ad anticipare la premiazione dei poeti, c’è stata la presentazione del libro “Costumenes”, pubblicato con il sostegno del Comune, dell’Unione dei Comuni e della Fondazione di Sardegna. A parlare del libro sono stati la sindaca, l’assessora Giuliana Pittalis, Angelo Canu e Alexandra Goddi. Il gran finale di domenica, invece, è stato sugellato con il concerto Sonos in cumpanzia.

Il bilancio «La risposta del paese è stata molto partecipata ed emozionante» sintetizza Nicoletta Menneas, alla guida del Circolo “Shardana”. Con lei, il gruppo degli emigrati sardi in Umbria e nel centro Italia, hanno fatto una escursione alla fonte sacra su Tempiesu. «Si poteva scegliere il silenzio – ha chiuso Giuliana Pittalis –. Si poteva lasciare che la paura scavasse ancora solchi profondi nel tessuto della nostra comunità. Eppure, eccoci qui, insieme, con il cuore pesante e lo sguardo fermo, perché oggi Orune reclama la sua voce. E noi, oggi, la onoriamo. La onoriamo con i nostri emigrati e con tutto il popolo orunese che ha vissuto e vive giorni di sofferenza». Orune ha scelto: «Sia questo il tempo del risveglio. Sia questo il tempo della dignità. Per i nostri morti. E per i nostri vivi».

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