La Nuova Sardegna

La storia

Il bagnino che ha salvato padre, figlia e figlio: «È il mio lavoro, non sono un eroe»

di Luciano Piras
Il bagnino che ha salvato padre, figlia e figlio: «È il mio lavoro, non sono un eroe»

Siniscola, Marcantonio Farris: «In 10 anni ho riportato a riva 20 persone»

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Siniscola «Una grossa scarica di adrenalina e una gioia immensa: ecco cosa ho provato». Marcantonio Farris è abituato a salvare vite umane, ma ogni volta è come se fosse la prima volta. Il brivido corre sempre veloce. Figurarsi ieri che ha riportato a riva una famigliola intera, un bambino e una bambina e il loro padre in difficoltà con un sup (una variante del surf, ndr) nel mare davanti alle dune di Capo Comino, a Capo Est.

«Vederli che si riabbracciavano in spiaggia è stato bellissimo. Anche se fa parte della nostra professione, alla quale siamo preparati, tirare fuori una famiglia è sempre un salvataggio più “valoroso”». Eppure, nonostante in dieci anni di lavoro abbia già salvato ben venti persone, non vuole essere chiamato “eroe”. Classe 1995, di Siniscola, studi in Comunicazione all’università di Sassari, Marcantonio Farris d’inverno fa il mediatore e l’educatore nelle scuole, d’estate si trasforma in bagnino, nel litorale della Baronia.

Quali sono le prime parole che le ha detto ieri il più piccolo dei tre, il bambino?

«Inizialmente piangeva e singhiozzava, poi una volta a riva si è tranquillizzato».

E il padre?

«Mi ha ringraziato un paio di volte, ma io ho fatto solo il mio dovere». Cosa ha visto negli occhi di queste persone, appena li ha raggiunti? «La volontà di non morire. Il padre stava arrancando, era molto affaticato, con il figlioletto che si dimenava. La bambina, intanto, non riusciva a governare il sup e continuava ad andare al largo».

E non si sente un eroe? Ha salvato una famiglia...

«Non mi sento un eroe. Sono contento che non sia annegato nessuno. In passato ho avuto modo di affrontare situazioni molto più spiacevoli di questa. Il caso peggiore è stato quando ho avuto davanti una donna con un arresto cardio-circolatorio. Ma anche questo fa parte del mio lavoro. Certo... mi sentirei più tranquillo se ci fosse almeno una moto d'acqua in ogni spiaggione lungo tutto il litorale di Siniscola».

Non vuole essere chiamato “eroe”. Ma è innegabile che ogni volta mette comunque a repentaglio la sua vita per salvare la vita di altri.

«Sì, assolutamente sì. Succede anche quando c’è bandiera rossa, capita».

Tocchiamo un tasto dolente. È vero che c’è ancora molta gente incosciente che entra in acqua anche quando la bandiera segnale pericolo massimo?

«Sì, succede spesso, la gente si lascia trasportare dall'energia del mare agitato, persino sfidando le onde».

Lei è formato, preparato per intervenire. Ma cosa dovrebbe fare un bagnante “qualsiasi” che dovesse vedere una persona in difficoltà, in un tratto di mare senza torretta né bagnino?

«Consiglio prima di valutare quanto sia grosso il pericolo, è brutto da dire, ma se il contesto è molto pericoloso è meglio non intervenire, perché ci sarebbe il rischio concreto di perdere entrambe le persone. Se invece si decide di entrare comunque, è fondamentale portare sempre qualcosa alla quale far aggrappare lo sventurato. Chi è in difficoltà sprigiona una forza enorme nel tentativo di salvarsi, e se si aggrappa a te e tu non sei formato, c’è il rischio che affoghiate entrambi».

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