La Nuova Sardegna

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In chiesa ora l’offerta si fa con il bancomat

di Mario Girau
In chiesa ora l’offerta si fa con il bancomat

Tra aperture e resistenze: il pagamento digitale divide i parroci dell’isola

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Sassari Molte perplessità, qualche apertura e un invito a rivolgere un’attenzione particolare alle specificità delle diverse parrocchie. L’operazione pagamenti digitali, 100 totem in 100 chiese, divide i sacerdoti sardi. L’esperimento che vede la Conferenza Episcopale Italiana collaborare con Banco Bpm e Numia prevede l’installazione di colonnine dotate di Pos per pagamenti elettronici in trenta edifici sacri distribuiti lungo tutto lo stivale; entro l’anno si estenderà ad altre 70 chiese. C’è chi è decisamente contrario, chi lo vede come un passaggio quasi obbligato e chi ricorda le differenze tra il gesto liturgico della raccolta delle offerte durante la Messa e tutte le altre elargizioni dei fedeli.

Don Giorgio Lisci (Uras e San Nicolò d’Arcidano) condanna decisamente l’iniziativa. «È spiacevole. In nome della giusta trasparenza si introduce nella Chiesa una visione troppo economicistica. Il parroco deve essere onesto, non si discute. Ma se il Pos serve per misurare l’onestà e il rispetto della legalità, meglio che l’offerta non venga fatta».

«Ci sta», dice don Ignazio Serra che tra 15 giorni sarà il nuovo parroco di Gesturi e Barumini. «Non mi sembra una rivoluzione così sconvolgente. Nei luoghi di culto spagnoli è già la normalità. Per il turista, che ormai viaggia solamente con bancomat e carte di credito, una necessità. Per Barumini, paese con poco più di 1000 abitanti, ma visitato da 124 mila turisti/anno, il totem all’ingresso della chiesa sarebbe una modalità in più per sostenere le attività parrocchiali ordinarie». «Le offerte sono le uniche entrate di una parrocchia – dice don Davide Meloni (Sant’Eusebio, Cagliari) – quindi necessarie per sostenere le spese: acqua, luce, pulizia. Ma le chiese oggi sono frequentate in maggioranza da persone anziane, non sempre padrone dei dispositivi informatici. L’ offerta su Pos sarà l’esito naturale, ma è necessario allargare al massimo la dimestichezza col mezzo».

Dello stesso avviso don Alessandro Fadda (San Ponziano, Olbia) e don Francesco Marruncheddu (San Giovanni Bosco, Sassari): «In prospettiva l’uso del Pos sarà inevitabile, ma senza accelerazioni. Lasciare il sistema della tradizionale raccolta delle offerte per quella elettronica è una rivoluzione epocale che richiede una gestione e gestazione oculata. Non tener conto della situazione oggettiva, differente da una parrocchia all’altra sarebbe un errore. L’idea è buona, ma il modus operandi dei fedeli non è ancora totalmente digitale».

«Sono totalmente contrario – dice don Gianfranco Pala (Pattada, direttore del settimanale Voce del Logudoro, diocesi di Ozieri)– . Si rasenta il ridicolo. Si fa perdere ai fedeli il senso della collaborazione alla vita comunitaria, al sovvenire alle necessità della chiesa, alla donazione che è un gesto personale. Non si sente la necessità di una modernità estranea alla nostra gente, generosa in sé, che non ha bisogno di un Pos per accendersi». Don Antonio Mura (Portoscuso): «Interessante novità, tutto certificato, maggiore trasparenza. Un po’ di gradualità è necessaria. Molti potrebbero vedere una conversione aziendalista della chiesa, la perdita del significato dell’elemosina, dell’aiuto diretto, solidale. È bene ricordare che la raccolta delle offerte durante la Messa è un gesto liturgico: è la comunità che trasforma la Parola in azione caritativa. Al Pos si può ricorrere per le iniziative d’altro tipo. Meglio non confondere le due offerte».

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