Achille Polonara: «La Dinamo mi ha dato un motivo in più per vincere la malattia»
Il cestista ha firmato con i biancoblù: «Che orgoglio tornare a Sassari, è come essere di nuovo a casa»
«Quando ti dicono che hai la leucemia, il tempo si ferma e il mondo ti crolla addosso». È così che Achille Polonara ha vissuto il momento in cui ha scoperto di essere malato: un silenzio improvviso dentro una vita piena di rumore, di canestri, di viaggi e di traguardi. Ma lui, quella notizia, non l’ha lasciata vincere. A 33 anni, reduce da esperienze di tutta Europa e dallo scudetto appena vinto con la Virtus Bologna nell’ultima stagione, Achille oggi combatte la sua partita più importante contro una leucemia mieloide. Due cicli di chemioterapia e in attesa del trapianto del midollo previsto a Bologna tra qualche settimana, ha firmato un contratto con la Dinamo, accogliendo l’invito del presidente Stefano Sardara a rivestire la maglia biancoblù dopo le due stagioni nelle annate 2017-2019. Un gesto d’amore e di identità: perché Sassari è casa. E tornare a casa, in certi momenti, è tutto.
Achille, partiamo dalle cose belle, come ha vissuto il suo ritorno a Sassari?
«È stata veramente una sorpresa per me. Con il presidente, ci sentiamo spesso e abbiamo un ottimo rapporto. Torno a casa: per me Sassari è questo. Quando sono andato via, ci eravamo detti col presidente che sarebbe stato solo un arrivederci, e così è stato».
Come è nato concretamente il suo ritorno alla Dinamo?
«Ci mandavamo spesso messaggi simpatici su Instagram con il presidente Sardara, a me sembrava tutto figlio di un gioco, poi ho capito che non scherzava, è successo tutto molto velocemente».
Ci dica di più, è davvero iniziato tutto così?
«È stato comunque graduale anche se improvviso. Avevo pubblicato un paio di storie sui social, Sardara ha commentaqto con un messaggio che non avevo preso inizialmente sul serio: “Guarda che ho il contratto pronto, è ora di tornare a casa”, gli ho detto “parliamone”, e nel giro di pochissimo...(ride, ndr). È veramente un orgoglio per me».
Immagino sia stata una botta di entusiasmo in un momento duro e complicato...
«Assolutamente sì, ma più che a livello fisico mi ha dato una carica fortissima a livello psicologico. Ho parlato e mi sono confrontato anche con Jack Devecchi, con Francesco Sardara e con l’allenatore Massimo Bulleri, un mito sin da piccolo per me. In quei due famosi anni a Sassari i tifosi mi hanno dato tantissimo, e quindi l’idea di immergermi nuovamente con la testa in quel contesto è stato di grande aiuto. Quando attraversi un periodo come questo, che è complicato anche a livello mentale, avere un obiettivo in più alzandoti la mattina ti dà un motivo in più per farcela e combattere».
Che risposta ha ricevuto dai tifosi biancoblù?
«I tifosi della Dinamo mi hanno manifestato tantissimo affetto, l’avevano già fatto prima quando avevano saputo della diagnosi e altrettanto quando hanno saputo della firma, spero di riabbracciarli fisicamente tutti quanti, al più presto possibile».
Come vive uno sportivo la diagnosi di una malattia così aggressiva e debilitante?
«Appena ti comunicano una cosa del genere ti crolla il mondo addosso e c’è poco da fare. Una delle cose più difficili è accettare che non dipende da te. Vedi tutto nero e non riesci a uscirne per qualche ora, è stato terribile. Tante persone però guariscono e non bisogna però farsi prendere dal panico. Poi serve tanta voglia di andare aventi e vincere».
Come sta in questi giorni? Ci racconti un po’ della sua quotidianità
«Ci sono giorni migliori e giorni peggiori. Ho fatto due cicli di chemioterapia e sono stati decisamente duri: capita che ci siano giornate brutte dove magari ho i valori bassi, sono stanco e magari ho nausea e sono un po’ giù, e altri dove sto benissimo e sembra che non mi possa scalfire nulla. Ci vuole tanta forza e tanta pazienza ma sono fiducioso. Ora starò qui a Valencia ancora per una decina di giorni e dopodiché tornerò a Bologna dove tra qualche settimane farò il trapianto del midollo osseo».
Cosa le manca di più di questo periodo lontano dagli allenamenti, dalle partite e dai compagni di squadra?
«È chiaro che non sono mai stato lontano dal campo così tanto... mi manca tantissimo il parquet e anche la nazionale, dovrei voluto giocare ancora. Il mio obiettivo principale in questo momento è tornare ad allenarmi, anche se individualmente il prima possibile. Poi punto dritto al campo, voglio tornare il prima possibile e rendermi disponibile per la squadra. Prima che arrivasse la Dinamo tornare in campo non era tra i miei obiettivi».