Sos turisti smarriti nei sentieri: «Si avventurano in infradito»
Il conto del comandante dei vigili del fuoco: «Quest’anno 35 interventi». Per le ricerche vengono coinvolte squadre con elicotteri, droni e battelli
Sassari Il fascino della scoperta ci mette poco, pochissimo, a trasformarsi in un incubo. Questo perché le calette e i percorsi da trekking fanno gola «ma molto spesso le persone si avventurano senza essere equipaggiate». Traduzione: con le infradito ai piedi o un costume addosso, coppie e gruppi di turisti vanno in esplorazione per sentieri e grotte. Poi il copione è uguale. Qualcuno si perde, qualcuno si stanca, qualcun altro si fa male, arriva il buio, nessuno ha portato nemmeno dell’acqua. Se c’è linea, la paura dura gli squilli che anticipano la voce dell’operatore del 112. Se non c’è campo, è panico totale.
«Dall’inizio dell’anno abbiamo ricevuto 35 chiamate per interventi di soccorso», spiega Giampaolo Lampis, comandante dei vigili del fuoco di Nuoro. I numeri si riferiscono praticamente solo all’estate. Quindi esce fuori una media di un soccorso ogni tre giorni. E quella è la provincia con più chiamate d’emergenza «in zone montuose e impervie, in territori che favoriscono le arrampicate o percorribili per raggiungere le coste». Dorgali, Baunei, Urzulei, nel Supramonte, nelle coste come Cala Mariolu e Cala Goloritzè.
«I casi sono perlopiù riconducibili a mancata conoscenza delle zone, a una scarsa valutazione delle condizioni di criticità, alle difficoltà che subentrano», elenca Lampis. Funziona così: quando la richiesta di soccorso arriva alla caserma dei vigili del fuoco, si attivano squadre diverse a seconda dell’esigenza. Il dispiegamento è sempre importante ed eterogeneo tra personale a terra e il nucleo Saf, ovvero quello di soccorso alpino fluviale, «le attività sono spesso svolte in collaborazione con il soccorso alpino, il personale alpino della guardia di finanza, nuclei specialistici delle forze ordine e i Cacciatori di Sardegna». La telefonata può arrivare direttamente dalle persone che non trovano più la via del ritorno, oppure da familiari o conoscenti che dopo ore senza nessuna traccia si preoccupano. «Per la fase di ricerca attiviamo il nucleo Tas», dice Lampis, ossia il servizio di topografia applicata al soccorso. «Parallelamente attiviamo i droni e abbiamo delle dotazioni che ci permettono di proseguire con le verifiche durante le ore notturne, con visori a infrarossi e fino a un chilometri di distanza». Si aggiungono i mezzi. Gli elicotteri della flotta regionale e i battelli («noi ne abbiamo due, uno a Cala Gonone e uno ad Arbatax»).
Ricorda un paio di episodi, il comandante di Nuoro, e riflette su quanto basti poco per passare da una situazione di tranquillità a una di estremo pericolo. «In un caso erano turisti dall’Europa dell’est, si erano avventurati in un sentiero poi, sfiniti, non sapevano come tornare indietro e hanno chiamato i soccorsi». O ancora «un gruppo di turiste polacche, in infradito, dopo qualche ora non riuscivano più ad andare avanti per il dolore ai piedi», in mezzo a rocce e rovi. La fascia centrale dell’isola che guarda dal Supramonte alle coste a est è la più frequentata dai vacanzieri con lo spirito dell’avventura. Ma anche dai soccorritori. Ci sono situazioni dove le cose si fanno serie, ci sono di mezzo malori improvvisi o incidenti nel tragitto, lì il coordinamento coinvolge il personale sanitario. Ma sono tante le circostanze dove c’è solo tanta paura, e imprudenza. Il servizio di soccorso non è a pagamento «e questa è una novità per molti stranieri, anzi è il motivo per cui veniamo chiamati proprio quando la situazione è complicata, magari è già sera, e prima ci viene chiesto quanto costa il recupero», spiega Lampis. Ovviamente niente, e dall’altra parte del telefono si tira su un sospiro di sollievo in attesa che la macchina operativa si mobiliti.