West Nile c’è la prima vittima: è un ex allevatore di 91 anni
Il sindaco polemico con la Asl: «Sembra di rivivere il periodo del Covid»
Ghilarza Prima la febbre altissima accompagnata da un malessere diffuso, poi un doppio ricovero intervallato da dimissioni durate, secondo quanto riferito, solamente poche ore.
La diagnosi pre ricovero, così come le cause della morte, però, sembrano essere inequivocabili: Febbre del Nilo. Così Giuseppe Marras, ex allevatore di 91 anni, è morto giovedì notte all’ospedale San Martino di Oristano, mentre è nel silenzio generale delle autorità e senza particolari annunci da parte dell’Azienda sanitaria locale, che si sono tenute le esequie due giorni fa a Ghilarza, dove risiedeva da tanti anni, prima della tumulazione nel cimitero di Bidonì, ieri, nel suo paese d’origine.
Un caso che appare strano fin da subito. Giuseppe Marras, infatti, non è un morto di West Nile annunciato dalla Asl 5 di Oristano, ne risulta, ad oggi, censito come tale sull’apposito portale dedicato nel sito web dell’Istituto superiore nazionale di Sanità. Un fatto strano, questo, anche per il sindaco di Ghilarza, Stefano Licheri: «Una volta appurato del decesso – ha raccontato il primo cittadino –, ho chiamato subito la Asl di Oristano. Volevo capire come mai non fosse stata data alcuna comunicazione. Mi hanno risposto che, essendo stato dimesso, il paziente per loro non poteva essere considerato un morto da Febbre del Nilo, ma che, vista l’età, poteva essere deceduto per una qualsiasi altra patologia già esistente o per altre complicazioni».
E aggiunge: «Mi sembra di rivivere la stessa situazione del Covid-19 quando i pazienti, se dimessi dagli ospedali e successivamente deceduti, non potevano essere considerati vittime della pandemia. Bene, anche in questo caso non sono d’accordo. Parliamo di un uomo di 91 anni e dunque è naturale che la Febbre del Nilo sul suo fisico e sulle sue difese immunitarie abbia potuto creare dei danni irreversibili e tali da portarlo alla morte».
Che Giuseppe Marras avesse contratto la Febbre del Nilo, a Ghilarza era cosa nota. «Dopo il contagio – conferma il primo cittadino –, abbiamo ricevuto la comunicazione dalla Asl e subito, come da normativa, abbiamo proceduto alle sanificazioni e disinfestazioni del caso sia intorno alla sua casa, che nella campagna che frequentava abitualmente a pochi chilometri dal paese».
«Ecco – aggiunge – crediamo che sia proprio lì che possa aver contratto il virus. In quel terreno era pieno di vasconi e ristagni d’acqua e dunque di larve e zanzare. Certo – conclude – potrebbe essere morto di qualsiasi cosa, ma la Febbre del Nilo c’era ed era certificata, tanto che gli era stata assegnata una terapia. Il virus non può non aver compromesso il sistema immunitario già fragile di un 91enne». Le parole del sindaco di Ghilarza non fanno altro che confermare quanto trapelato dagli stessi familiari della vittima.
Secondo quanto appreso da alcuni parenti, infatti, l’uomo avrebbe iniziato ad accusare malessere il 5 di agosto e solo tre giorni dopo, visto il peggioramento delle sue condizioni di salute, sarebbe stato accompagnato in ospedale per essere poi ricoverato. Nella tarda mattinata del 9 agosto sarebbe poi stato dimesso dal San Martino nonostante, dicono i familiari, avesse ancora la febbre a 40, per poi tornarci la sera stessa. Dopo altri 10 giorni, l’annuncio di positività alla West Nile e l’insorgere di diverse complicazioni tra le quali la polmonite e l’insufficienza renale.
Nei prossimi giorni sarà la Asl 5 a fare luce sulla vicenda ma certo è che, a 14 anni dalla morte di Michele Maggino, prima vittima della zanzara killer in Sardegna, adesso nell’isola torna la paura.