La Nuova Sardegna

L’operazione Termine

Droga, armi, intimidazioni, mafie: «Aveva ragione Saviano»


	Roberto Saviano e i portavalori assaltati in Toscana nell'aprile 2025
Roberto Saviano e i portavalori assaltati in Toscana nell'aprile 2025

Lo scrittore era stato accusato di offendere i sardi e la Sardegna quando aveva detto “l’isola produce criminali”. Ora le scuse sui social

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Sassari «Aveva ragione Saviano». Dopo l’operazione “Termine”, quella che ha portato in carcere una cinquantina di persone e che ha svelato il ruolo dell’isola nella geografia del crimine organizzato del Mediterraneo, alcuni hanno scelto i social per dire quello che in un primo momento non si poteva dire. E cioè che la Sardegna produce criminali, tanti, e che è anche terra fertile per le nuove organizzazioni di stampo mafioso. Nessun padrino, nessuna coppola. Forse qualche mandamento di origine familiare a capo di piccole cosche dedite al traffico di armi e droga, a volte legate agli assalti ai portavalori per gli uomini dai talenti intercambiabili a disposizione.

Roberto Saviano aveva acceso la miccia dopo l’assalto ai portavalori della banda sarda in trasferta in Toscana: «La Sardegna produce criminali, non mafie», aveva detto. Apriti cielo.

La valanga social lo aveva raggiunto da ogni parte, comprese quelle politiche: “offende i sardi”, “è razzista”, “accusa senza sapere”. Poi si era presentata al banco la schiera dei difensori d’ufficio della sardità offesa, capaci di produrre scuse più che imbarazzanti indirizzate ai rapinatori: “non hanno fatto male a nessuno”, “sono uomini d’onore” e altre bestialità assortite. E dire che Saviano, in fondo, non l’aveva nemmeno azzeccata tutta. Perché la Sardegna produce criminali ma anche mafia. Lo dimostrano i corrieri della droga terrorizzati dai piccoli boss del narcotraffico e le bande dei portavalori descritte come “associazioni mafiose” dal procuratore generale Luigi Patronaggio.

Sono “organizzazioni strutturate che usano armi da guerra, hanno rifugi segreti, ricorrono alle intimidazioni e usano la violenza per incutere terrore, sono a conoscenza dei canali di riciclaggio in cui impegnare il bottino”, diceva Patronaggio, che poi aggiungeva “sono i caratteri delle associazioni mafiosa”. Parole confermate dall’operazione Termine e dal suo pacchetto di droga, armi da guerra, minacce, sequestri a scopo intimidatorio e un clima di terrore in cui sguazzavano pesci piccoli e pesci grossi. Il problema, però, era Saviano. Le sue “accuse”, il riferimento alle bande dei sassaresi e dei desulesi, che poi anche quello era un estratto delle vecchie indagini della Dda di Cagliari, che durante le indagini legate all’assalto ad un furgone portavalori, aveva identificato due bande, quella dei “desulesi” e quella dei “sassaresi”. Anche in quel caso, oltre all’attenzione rivolta ai blindati pieni di soldi c’era anche quella al traffico di droga e ad altre attività criminali. Tutti gli argomenti a cui faceva riferimento Saviano identificando la “nuova” criminalità sarda che, forse, proprio nuova non è. E che come ormai è chiaro, è un’organizzazione di stampo mafioso con tutte le caratteristiche di questo tipo di organizzazioni. Compresa l’omertà di chi la circonda. (c.z.)

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