Omicidio Manca, quante persone erano nell’auto con Manis: l’ultima ricostruzione – cosa sappiamo
L’uomo si sarebbe accanito sulla vittima dopo averla investita, sono attesi nuovi accertamenti
Terralba Non complici, ma involontari testimoni di un delitto. Più passano i giorni, più l’ipotesi prende corpo: Battista Manis, l’imprenditore 52enne di Terralba in carcere per il delitto del compaesano 49enne Claudio Manca, non era solo dentro la macchina che ha investito la vittima. Con lui c’erano dei parenti stretti, probabilmente due persone ignare di quello a cui avrebbero assistito.
Gli inquirenti avrebbero già avuto delle prime conferme a questa ipotesi che comunque vanno verificate attraverso ulteriori atti di indagine e in settimana ci saranno nuovi accertamenti perché restano ancora dei dubbi sulla dinamica dell’omicidio. Se ci sono dettagli da valutare e ombre da cancellare, è pur vero che ormai appare più nitida almeno la trama generale di quanto è accaduto lungo la circonvallazione la sera del 25 settembre.
Prima di arrivare a quel che è successo nella strada alla periferia di Terralba che si interseca con quella che arriva da San Nicolò d’Arcidano, c’è però un antefatto facilmente confermabile anche da persone completamente estranee alla vicenda. Battista Manis quel pomeriggio arriva a Oristano e vi si trattiene per diverse ore prima di decidere che è giunto il momento di chiamare qualcuno che gli dia un passaggio per tornare a Terralba – è a piedi e non sa come farvi rientro –. Chi guida usa la macchina della moglie di Battista Manis e, forse su indicazione proprio del passeggero che aveva a bordo, passa per la circonvallazione. È lì che incontra – casualmente o Manis è stato avvisato da qualcuno? – Claudio Manca che percorre la strada in bicicletta.
Secondo la ricostruzione a cui i carabinieri, coordinati dal sostituto procuratore Marco De Crescenzo, danno più credito, Battista Manis sarebbe stato seduto nel posto accanto al guidatore e, una volta scorta la bicicletta, avrebbe allungato le mani sul volante per far cambiare direzione all’auto e centrare così la bicicletta. Una volta che la vittima era già a terra, sarebbe sceso per dargli la lezione definitiva, ritenendo Claudio Manca l’autore dell’incendio che aveva mandato in cenere alcuni locali della sua villetta di via Sicilia, inviato lì da qualcuno che l’avrebbe pagato per compiere l’attentato.
A quel punto le due persone che erano in macchina con lui – l’auto è quella della moglie dell’indagato – sarebbero a loro volta scese. Una avrebbe provato a fermare Manis che si accaniva su Manca, mentre l’altra, impaurita di fronte a quel che stava accadendo, sarebbe scappata. Poi anche la seconda persona avrebbe a sua volta abbandonato il luogo dell’omicidio, dove sabato sono stati inquirenti, periti e avvocati – Manis è assistito da Ivano Chiesa e Antonio Pinna Spada, la famiglia di Manca da Fabio Costa – alla ricerca di ulteriori elementi per ricostruire per intero il quadro. A tal proposito, ci sarà un esame dei vestiti indossati dalla vittima. Si va alla ricerca di tracce biologiche che chiariscano in che modo sia stato aggredito.
C’è però un altro aspetto su cui si sta cercando di fare chiarezza: le condizioni di salute in cui versava Claudio Manca prima dell’aggressione. I pochi traumi riscontrati sul corpo della vittima danno da pensare. Ci sono una piccola frattura nella zona dell’occhio, un taglio al volto e uno alla gamba e poco altro. È per quello che è il collo la parte su cui i medici si concentrano maggiormente.
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