Nudo e violenza: Salomè a Sassari vietata ai minori. È polemica
L’Ente De Carolis spiega: «Una scelta prudenziale. Quando la violenza o l’erotismo sono inseriti in un’opera d’arte, e non nei canali della pornografia, hanno una forza diversa»
Sassari L’opera più scandalosa del Novecento torna a far discutere. Salomè di Richard Strauss, il dramma musicale in un atto tratto dal testo di Oscar Wilde, debutta il 7 novembre al Teatro Comunale di Sassari, diretta da Hugo de Ana per l’Ente Concerti “De Carolis”. Ma non tutti potranno vederla. L’Ente ha deciso di vietarne la visione ai minori di 18 anni.
Una scelta “prudenziale”, come la definisce il direttore artistico Alberto Gazale, che però ha riaperto una vecchia ferita: dove finisce la tutela e dove comincia la censura?. Un ragazzo che difende con passione il diritto di un diciasettenne “a vedere, capire, interrogarsi”.
Si chiede se sia lecito escludere i giovani dalla riflessione sull’arte, se la sensibilità vada protetta o piuttosto educata, se la paura del nudo e della violenza non nasconda una più profonda paura di pensare. Quesiti che pesano come domande antiche, e che Salomè, da centoventi anni, non smette di porre. Perché questa non è un’opera qualsiasi. È una vertigine in musica. È la storia di una ragazza che desidera un profeta e ne bacia la testa mozzata. È la “Danza dei sette veli”, che ha scandalizzato mezza Europa, la necrofilia che diventa poesia, l’erotismo che si intreccia alla fede e al potere.
Quando Strauss la presentò a Dresda nel 1905, dopo che Vienna e Berlino la censurarono, i cardinali gridarono blasfemia, i politici al pericolo morale, e il pubblico applaudì in lacrime. Un secolo dopo, lo scandalo si rinnova. Con le stesse parole di allora, ma motivazioni diverse. «È stata una decisione prudenziale — spiega Alberto Gazale, direttore artistico dell’Ente De Carolis — legata alla presenza di scene esplicite. Sul palco ci saranno tre mimi con nudo maschile integrale, momenti di forte violenza e situazioni orgiastiche. Salome è un’opera che fin dalla sua prima rappresentazione, nel 1905, ha incontrato grandi ostacoli, prima dalla Chiesa e poi dalla censura politica. È un’opera di rottura, volutamente provocatoria, nata per suscitare uno shock nello spettatore». «Oggi ci ritroviamo a rivivere le stesse problematiche. Il regista propone una lettura forte, come poteva esserlo quella del 1905, con scene esplicite di violenza e di sesso che fanno parte della drammaturgia stessa. Per questo abbiamo ritenuto opportuno limitare l’accesso ai minori di 18 anni: non tutte le sensibilità in formazione, ancora in evoluzione spirituale e mentale, potrebbero reggere l’impatto di certi contenuti. Quando la violenza o l’erotismo sono inseriti in un’opera d’arte, e non nei canali della pornografia, hanno una forza diversa, capace di imprimersi nella coscienza in modo profondo». E prosegue: «Il nostro pubblico è da sempre di tutte le età, e proprio per questo sentiamo la responsabilità di proteggerlo. Vietare Salome ai minori è una scelta dolorosa, ma prudente: serve a evitare traumi o turbamenti eccessivi. Non è una verità assoluta, è una scelta di tutela. In teatro, a volte, si prendono decisioni anche oltre la ragionevolezza, ma sempre per garantire la sicurezza e il rispetto del pubblico». E conclude: «Il nostro obiettivo resta quello di fare cultura, offrendo una programmazione ampia e coraggiosa. Mettere degli argini alla fruizione non significa negare l’arte ai ragazzi, ma trovare modi diversi per farla conoscere, spiegando i contenuti senza sottoporli a qualcosa di troppo forte».
E così si torna al punto di partenza: la linea sottile tra proteggere e proibire. Si può preservare qualcuno dall’arte senza impoverirla? Perché Salomè non è solo un’opera, è una sfida. L’arte, quando è grande, non rassicura mai. Salomè non è mai stata un intrattenimento: è un grido, un’ossessione, una lama che taglia il teatro. Insomma, i ragazzi vedono ogni giorno violenza e sesso, anche solo scorrendo un feed. Eppure, davanti a un teatro, si pensa che non siano pronti. Forse perché il teatro non mostra: interroga. Non eccita: svela. E quel tipo di verità, più che scandalosa, è difficile da gestire. Proibirla ai ragazzi significa forse toglier loro la possibilità di vedere come l’arte possa attraversare l’abisso, sublimare l’osceno e raccontare la violenza del desiderio senza compiacersene. Certo, la prudenza di Gazale ha le sue ragioni: ma la contraddizione resta. Si censura un’opera perché “troppo forte”, mentre fuori dal teatro l’immaginario dei ragazzi è già saturo di pornografia, di violenza, di immagini che non spiegano nulla. E allora la domanda del ragazzo resta sospesa nell’aria del Comunale, come una nota alta di Strauss: davvero è questo il modo di proteggere le nuove generazioni?
