La Nuova Sardegna

Sassari

Aids, l’Authority bacchetta l’ateneo

di Gabriella Grimaldi
Aids, l’Authority bacchetta l’ateneo

Il Garante ritiene sia stata violata la privacy di uno studente sieropositivo che aveva chiesto l’assistenza del tutor

12 gennaio 2013
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SASSARI. La bacchettata da parte del Garante è nero su bianco. E all’università non è rimasto altro che annullare la procedura di assegnazione del tutor agli studenti disabili creando un disservizio a decine di famiglie che oggi si trovano in difficoltà nell’assicurare ai propri figli un aiuto importante. Ma ciò che fa discutere è il motivo alla base del provvedimento: e cioè il ricorso della Lila, l’associazione per la lotta all’Aids, per violazione della privacy ai danni di uno studente sieropositivo.

La scabrosa vicenda viene denunciata dalla responsabile regionale dell’associazione Brunella Mocci. «Una storia che sembra arrivare da un passato oscuro – dice la volontaria – tanto è assurda, ma che dimostra come ancora oggi, e addirittura da parte di istituzioni portatrici di valori altamente culturali, sia possibile ricevere trattamenti basati sul pregiudizio e sulla paura».

Tutto è cominciato nel 2011 quando uno studente ha fatto domanda per ottenere il tutoraggio, un servizio messo a disposizione da alcuni anni dall’università secondo un regolamento appositamente studiato per mettere in contatto i tutor selezionati con gli studenti bisognosi di aiuto di vario genere a causa di una disabilità. Il tutor veniva dunque assunto dall’ateneo con un contratto previsto dalla legge e svolgeva il suo lavoro accanto allo studente. Il regolamento prevedeva anche che, al momento della domanda, venisse allegato un certificato contenente la diagnosi in modo che i funzionari addetti a questo protocollo (“riservato” proprio per motivi di privacy) potessero comunicare al tutor con quale tipo di disabilità (mentale o fisica o non visibile immediatamente) avrebbe avuto a che fare. «Questo per tutelare il lavoratore – spiegano dagli uffici universitari – ma anche lo studente che avrà così un servizio migliore».

Tutto a posto dunque. Non fosse per il particolare che lo studente in questione era portatore di una disabilità tutta particolare: si trattava di un giovane Hiv-positivo, un malato di Aids insomma. Una pratica che in effetti non era mai capitata prima sul tavolo della commissione disabilità. «Lo studente – afferma Brunella Mocci – ha chiesto per quale motivo il tutor dovesse sapere la natura della sua patologia, conoscendo già le norme di legge e di civiltà che tutelano i sieropositivi contro le possibili discriminazioni. A quel punto gli impiegati degli uffici appositi sono tutti andati nel pallone. Al tutor, che nel frattempo era stato informato della patologia di cui soffriva il giovane, è stato anche chiesto di firmare una dichiarazione con la quale affermava di essere consapevole del tipo di diagnosi che stava alla base della disabilità. L’assistente si è tirato indietro e lì si sono verificati bruttissimi episodi di intolleranza, trattamenti considerati dal nostro associato quantomeno di pregiudizio, rimpalli di responsabilità e continui rinvii. Alla fine di questo calvario un altro tutor ha capito la situazione e si è reso disponibile a firmare la famosa dichiarazione. Così la persona ha potuto concludere la tesi e laurearsi. Va aggiunto che l’università ha anche preteso un certificato del medico curante in cui non si parlava di Hiv ma di un generico possibile pericolo di infezione».

Per questi motivi l’associazione ha deciso di presentare ricorso al Garante della privacy. Il Garante ha chiesto spiegazioni sulla procedura alla commissione disabilità è poi ha invitato gli uffici a sospendere la procedura perché in contrasto con la tutela della privacy.

Tutta la vicenda viene letta in maniera diversa dai responsabili del servizio all’interno dell’ateneo. Ammissioni sul tentativo («sbagliato») della commissione di prendere tempo davanti a un problema che non si era mai presentato prima, ma nessun dubbio sulla legittimità della procedura. «Siamo sicuri che l’iter messo a punto a suo tempo non violava la privacy – ribatte l’attuale presidente della commissione medica Paolo Enrico –. Quando ho ricevuto l’incarico di presiedere la commissione tuttavia la situazione era in stallo completo. Allora ho parlato con lo studente e gli ho spiegato che la possibilità di avere l’assistenza era legata indissolubilmente alla comunicazione della diagnosi. Così è stato fatto e la persona ha potuto concludere con successo gli studi. Mi dispiace tantissimo per come sono andate le cose ma purtroppo l’invito del Garante ha causato l’annullamento della procedura».

Oggi, sulla base del nuovo regolamento approvato per l’anno accademico corrente, l’università si limita a fornire il contributo a chi ne ha diritto ma spetta agli stessi disabili il compito di individuare un tutor e assumerlo con un contratto non meglio identificato. Una difficoltà che era stata denunciata nei giorni scorsi dai familiari e che per il momento non ha trovato soluzione. Il presidente della commissione annuncia però che l’università ha appena richiesto un’audizione al Garante per poter illustrare meglio la situazione e tentare di sbloccarla. «Intanto è stata dimostrata tutta l’inadeguatezza degli uffici – conclude Brunella Mocci – e lo studente coinvolto porterà con sè per molto tempo il ricordo delle umiliazioni subite in quel periodo».

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