La Nuova Sardegna

Sassari

Ottava, borgata spesso dimenticata

di Pinuccio Saba
Ottava, borgata spesso dimenticata

Il difficile rapporto con Sassari che ha asfaltato le strade solo nel 1997, i tanti giovani che hanno scelto di restare

07 marzo 2013
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SASSARI. Austis, Nule, Ghilarza, Sarule, Bonorva. È solo un piccolissimo campione dei paesi di origine degli abitanti di Ottava. Una borgata che si è sviluppata negli anni Sessanta, a metà strada fra Sassari e Porto Torres. In base all’ultimo censimento gli abitanti sono poco meno di 1800, ma il dato stride con l’elenco degli elettori che riporta più di 2400 nomi. Una borgata che appare spalmata sul lato sinistro della Carlo Felice (in direzione di Porto Torres) sulla quale si affacciano un paio di bar, l’edicola, una parafarmacia, un market e altri esercizi commerciali. In realtà la borgata si allarga anche sull’altro lato della vecchia «131», anzi il maggior numero di residenti è proprio in quella zona. Una strada percorsa ogni giorno da migliaia di automobili, una strada alla quale gli abitanti della borgata hanno pagato un pesante tributo di sangue e che è stata messa in sicurezza solo alcuni mesi fa, dopo l’ultima tragedia e tante manifestazioni di protesta.

Impossibile risalire alle origini di Ottava anche se non è escluso che in quell’area ci fosse uno dei tanti villaggi medievali che segnavano la strada fra Turris e la nascente Tathàri. Certamente durante la guerra c’erano già diversi residenti. Anzi, si può ipotizzare un primo “condominio”, il Palazzo Romano, dove vivevano cinque o sei famiglie. Un grosso cascinale alle spalle della borgata, adesso trasformato in un ovile. E quel palazzo aveva ospitato le prima famiglie arrivate dalla Nurra, da Osilo o da altri paesi del circondario. Le prime case moderne , invece, subito dopo. Ma la vera esplosione demografica di Ottava arriva agli inizi degli anni Sessanta, con la nascita della Sir. Porto Torres diventa polo di attrazione per migliaia di sardi, molti dei quali decidono di tirar su casa (allora abusive, poi condonate) proprio in quella borgata. Come Giovanni Carta, arrivato da Austis nel 1962. «Sì, c’era il miraggio della Sir – racconta con un sorriso – ma in quella fabbrica ci sono rimasto solo un ano. C’erano troppe cose che non mi andavano (come i continentali che guadagnavano più dei sardi ) e allora ho deciso di aprire un negozio». Il classico “alimentari”, ora diventato minimarket, aperto prima a fianco del vecchio ristrorante “Il Gambero Rosso”, poi trasferito dall’altra parte della strada. Con Giovanni Carta, sono stati numerosi quelli che hanno scelto di abitare a Ottava. Tempi duri «ma c’era molta solidarietà – aggiunge –, ci conoscevamo tutti e c’era un minimo di vita sociale. Ora molto meno».

Ottava, la borgata che ha sempre avuto un difficile rapporto con Sassari. «Perché Sassari ci ha sempre trascurato – spiega Antonio Sanna, primo consigliere comunale eletto a Ottava –. Sassari ha sempre avuto un occhio di riguardo per Li Punti e forse anche per questa ragione in tanti si sentono più legati a Porto Torres. Forse perché ci hanno lavorato, forse perché è più a misura d’uomo ma con Sassari il rapporto è sempre stato difficile». E spiega che il primo grande intervento da parte del comune, la posa del manto di asfalto, venne effettuato nel 1997. Da allora solo qualche piccolo intervento per far fronte alle emergenze e nulla più. «In diverse zone di Ottava manca ancora l’illuminazione pubblica» aggiunge Antonio Manca che sottolinea che i residenti «sono tutti in regola, hanno pagato il condono, la Bucalossi e adesso versano i tributi al comune di Sassari». Percorrere le strade di Ottava fa uno strano effetto, sembra quasi di attraversare uno dei tanti paesi sardi: abitazioni mono familiari, stile villino, dai colori pastello. Ogni tanto spunta un muro in trachite, ultime tracce delle antiche case. Ma gli abitanti di Ottava, anche i più giovani, non vogliono perdere le loro (recenti) radici e così anzichè cercare lavoro a Sassari o Porto Torres hanno deciso di sfidare la sorte restando dove sono nati. Come Paolo Cambilargiu che a breve aprirà una lavanderia automatica. «Noi ci proviamo – dice – anche se sappiamo che non sarà facile». Il vero problema, però, è la mancanza di punti di riferimento collettivi. Certo, ci sono i locali pubblici ma non bastano. «Non abbiamo alcun punto di ritrovo dove possiamo incontrarci – aggiunge Giovanni Carta –. C’è un comitato di giovani che organizza diverse manifestazioni, ed è costretto a riunirsi o al bar o in casa. L’unica “piazza” è il cortile del mio negozio, sempre pieno di ragazzi. Che se vogliono “uscire” devono andare a Sassari o a Porto Torres». «Ci mancano gli spazi comuni, non abbiamo neppure un’area verde all’interno di Ottava – aggiunge Antonio Sanna –. In altre borgate il comune ha realizzato giardinetti o piccoli parchi, qui invece no. Ma forse stavolta ci siamo. Il nuovo piano urbanistico prevede gli spazi verdi proprio qui, a fianco della Carlo Felice. Non trasformerà la borgata (e neppure lo vogliano) ma servirà a sentirci un po’ più sassaresi. È importante che Sassari ricordi di noi: non possiamo sempre “implorare” che le strade vengano curate, che vengano riaccesi i lampioni spenti, che tutte le strade vengano asfaltate. Ce ne sono ancora alcune in terra battuta e quando piove, vedete in cosa si trasformano. Non chiediamo più degli altri, ma un minimo attenzione per i nostri problemi che non ci sembrano insormontabili. In fondo anche noi siamo sassaresi».

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