La Nuova Sardegna

Sassari

Azienda di Porto Torres denuncia Unicredit e il Crif

di Gianni Bazzoni
Azienda di Porto Torres denuncia Unicredit e il Crif

Credito negato per 14 mesi alla società per due rate di mutuo non pagate, ma l’azienda nel 2010 ancora non esisteva

06 ottobre 2014
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SASSARI. Un fido che non arriva mai e nessuna risposta sul diniego. Il giro delle banche e infine l’incredibile scoperta: sull’azienda gravava una reiterata segnalazione al Crif (il sistema principale della gestione delle informazioni creditizie) per due rate di mutuo non pagate. Peccato che l’informazione fosse falsa: si faceva riferimento, infatti, a un contratto stipulato nel 2010 mentre l’azienda in questione è nata nel marzo del 2012. La scoperta delle motivazioni che hanno di fatto portato quasi alla chiusura una azienda ancora in fase di start-up è stata fatta solo di recente e i titolari hanno deciso di presentare una denuncia alla procura della Repubblica di Sassari, chiamando in causa il Crif e l’Unicredit leasing.

La storia. La storia è quella della «Marmo.It», azienda insediata da poco più di due anni nella zona industriale di Porto Torres e oggi in difficoltà per via di crediti negati dalle banche e per la situazione da «terra bruciata» che le è stata creata attorno a seguito delle segnalazioni non veritiere in possesso del Crif che hanno condizionato qualsiasi iniziativa aziendale.

Il caso è stato portato alla luce nei giorni scorsi da Arnaldo Melissa, una lunga carriera sindacale alle spalle, per anni segretario generale della Uil a Sassari, e oggi alla guida del «Cail», il Comitato autonomo imprese libere costituito di recente a Porto Torres «per denunciare i soprusi subiti da un gruppo di imprenditori, i pochi rimasti in un territorio che oramai viene definito da tutti un deserto industriale».

L’altra crisi. Stavolta non è solo colpa della crisi. A distruggere i buoni propositi di una impresa sana, è l’azione aggressiva - per certi versi “violenta”, delle banche e della burocrazia che ha intestazioni diverse, in sintesi lo Stato.

L’azienda. La «Marmo.It» comincia nel 2012, sfida il mercato con la prospettiva di una rapida crescita. Apre un nuovo capannone. Gli obiettivi del 2014 sono chiari, aumentare il fatturato fino a 300mila euro.

Liquidità. Per dare gambe al progetto non bastano buona volontà e coraggio, serve anche liquidità. Così l’azienda si rivolge a un istituto di credito. E comincia l’odissea: 14 mesi per cercare di ottenere un credito chirografario di 60mila euro per le scorte, da rimborsare a tasso agevolato in 5 anni. Tutto previsto per nuove imprese in fase di start-up, credito garantito al 50 per cento dal Consorzio Fidi.

Solo risposte negative. Comincia una lunga serie di dinieghi che frenano lo sviluppo dell’azienda, mettono a rischio la chiusura dell’attività.

I motivi. Solo di recente sono stati scoperti i motivi. Una situazione paradossale: per oltre un anno, il Crif ha fornito dati con indicazioni negative che hanno consentito di bloccare qualsiasi forma di credito e che, nei fatti, hanno obbligato l’azienda a imporre la cassa integrazione ai dipendenti, a rinunciare a commesse lavorative importanti. Non solo, la «Marmo.It» rischia di perdere definitivamente anche le agevolazioni ottenute attraverso un bando (primi 15 posti su 580) per l’acquisto di nuovi macchinari. E a rischio è anche la realizzazione di un progetto elaborato dall’Università di Cagliari per la realizzazione di un prodotto innovativo in campo internazionale.

L’errore. L’errore è stato riconosciuto solo di recente, ma potrebbe essere troppo tardi. Ecco perché la scelta di presentare la denuncia: «I danni diretti e indiretti sono devastanti – ha detto Arnaldo Melissa – per una piccola realtà che sta nascendo. Questo accade troppo spesso, il Cail cercherà di denunciare le ingiustizie subite anche da parte di altri imprenditori».

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