Area metropolitana negata a Sassari, chi doveva pretenderla non ha fatto i compiti
È giustificata da porti, aeroporti, università, turismo e industria
Diciamolo: chi doveva perorare la causa si è distratto, oppure si è dedicato ad altro. Ha fatto come quegli studenti svogliati che non aprono libro fino alla settimana prima dell’esame e poi implorano il professore di promuoverli perché sanno che a casa, dopo la bocciatura, ci sarà la bufera.
Eppure tutti sapevano da dieci mesi che quello dell’area metropolitana sarebbe stato un esame impegnativo. Il disegno di legge numero 176 per la riforma degli enti locali è stato presentato a gennaio e parla chiaro: la Sardegna avrà una sola città metropolitana, a Cagliari, e tutto il resto dell’isola sarà diviso in unioni di comuni e associazioni di unioni. Sono chiarissime anche le differenti funzioni attribuite alle due realtà. Per rendersene conto è sufficiente leggere il disegno di legge e prestare attenzione ai verbi. La città metropolitana elabora piani strategici, promuove e gestisce servizi e infrastrutture, cura relazioni istituzionali, struttura sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, promuove e coordina lo sviluppo economico e sociale. L’unione dei comuni invece pianifica servizi, gestisce l’edilizia scolastica, cura lo sviluppo strategico del territorio e le «funzioni non fondamentali già esercitate dalle province».
In altre parole: la città metropolitana drena le vere risorse economiche e i finanziamenti che contano, l’unione (o l’associazione di unioni) dei comuni amministra i fondi. Se e quando questi arrivano.
Pochi giorni fa, quando mancano poche settimane alla discussione in Consiglio del disegno di legge 176, gli amministratori del nord Sardegna sono insorti dopo che Erriu ha ripetuto in pubblico ciò che aveva scritto nero su bianco dieci mesi fa. Insomma, l’esame è alle porte e i nostri rappresentanti politici e istituzionali non avevano ancora aperto libro.
Il risultato è che in un periodo di insostenibile crisi economica e industriale Sassari rischia di perdere ulteriormente terreno e ruolo programmatico rispetto alla città capoluogo di Regione. Questo proprio mentre a Cagliari c’è il più folto drappello di rappresentanti del nostro territorio. Per la prima volta sono sassaresi sia il presidente della giunta sia quello del consiglio regionale. Ora entrambi dicono che nella riforma degli enti locali faranno gli arbitri. L’arbitro deve fare rispettare le regole e vigilare affinché le squadre possano giocare in condizioni di pari opportunità. E tuttavia, nel disegno di legge 176 è chiarissimo chi sarà in Sardegna l’asso pigliatutto delle risorse finanziarie e delle opportunità di sviluppo. Quando è stata scritta la legge gli arbitri si sono distratti?
Detto questo e tornando al punto, il nord Sardegna e Sassari stanno progressivamente perdendo ogni forza di contrattazione politica, strategica, produttiva. L’area vasta di cui si parla da anni esiste solo sulla carta, ma non nei programmi politici degli amministratori locali. Che magari ne parlano in campagna elettorale ma appena si insediano, come ha dimostrato la vicenda sassarese al confine tra la tragedia e la farsa, si dimenticano le grandi questioni e si dedicano al proprio cortile politico. Eppure questo territorio ha tutte le carte in regola per aspirare a diventare area metropolitana: ha due aeroporti, due porti, una blasonata università con oltre 450 anni di storia, due tribunali, una sezione distaccata della corte d’appello (di cui si ricomincia a temere la soppressione), industrie, due parchi nazionali, aree protette, turismo. Il nord Sardegna, insomma, ha nel presente tutte le carte in regola per chiedere e ottenere ciò che gli spetta: un futuro da protagonista e non da comparsa. Banalizza chi riduce tutto a una questione di campanile tra Cagliari e Sassari. Si tratta di un diritto.