La Nuova Sardegna

Sassari

PARLIAMONE - Questa non è una città per i giovani

Daniela Scano
L'emiciclo Garibaldi (foto Ivan Nuvoli)
L'emiciclo Garibaldi (foto Ivan Nuvoli)

Università, conservatorio, scuole superiori e Accademia non bastano se non si riesce a offrire ai ragazzi servizi efficienti, buoni trasporti e un po' di svago

25 settembre 2016
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SASSARI. Sassari non è una città per giovani nonostante l’Università blasonata, il Conservatorio di musica prestigioso, l’Accademia di Belle Arti, tutti gli istituti superiori. I giovani sono un tesoro inestimabile in questi tempi di crisi nera. Sassari dovrebbe trattarli con riguardo: residenti e non residenti, quelli che sono arrivati da molto lontano, quelli che vorrebbero andare via per studiare e lavorare, quelli che partiranno e nel frattempo si preparano.

Ogni città, a maggior ragione se universitaria, dovrebbe essere letteralmente costruita intorno ai giovani. Sassari, che ha tanti pregi e qualche difetto, invece si comporta con loro come una zia un po’ arcigna e insofferente. I primi a saperlo sono gli studenti pendolari. Loro sanno cosa vuol dire “atterrare” ogni giorno nel deserto di via Padre Zirano e andare a scuola di corsa, tornare di corsa alla fine delle lezioni per salire sul bus e arrivare a casa, in qualche caso, a metà pomeriggio.

Tanti anni fa, la scelta di eliminare la fermata dell’emiciclo per far spazio al parcheggio sotterraneo restituì una piazza alla città ma privò generazioni di pendolari di un luogo di incontro, respingendoli in periferia in attesa di un centro intermodale che è da decenni solo sulla carta. Ma i trasporti non sono l’unico problema.

Forse, se ci fossero mense scolastiche e strutture dopo-scuola decenti, qualche ragazzo fuori sede si fermerebbe per “viverla” questa città che lo ha accolto quattordicenne e che lo accompagnerà all’uscita il giorno della laurea o della specializzazione. Nel frattempo dovrebbe diventare per le nuove generazioni un luogo che coccola, che protegge e che non espone alle intemperie, che insegna la tolleranza fin da piccoli. Una educatrice severa che sgrida quattro ragazzini se si scagliano, con insulti razzisti, contro altri ragazzi neri che hanno “occupato” il loro campo di calcio. E tuttavia c’è anche da dire che se quel campo di calcio è l’unico a disposizione di tutti, le istituzioni dovrebbero porsi qualche problema di coscienza e costruire nuovi spazi.

Poi ci sono gli studenti universitari. La maggior parte vive, pagando affitti un po’ più alti della media, nelle stanze messe a disposizione da padroni di casa poco disponibili a dare e molto a prendere. I più meritevoli abitano nelle residenze universitarie che l’Ersu è riuscito a realizzare in attesa del fantasmagorico campus universitario di cui si parla da anni. Un progetto che non riguarda gli studenti di oggi: quando sarà realizzato, infatti, loro saranno laureati. Del resto quella del Campus non è una priorità per gli universitari fuori sede: pensano che non ci sia la volontà politica di realizzarlo, ritengono che la caserma di piazza Castello non diventerà mai la loro nuova “casa”, derubricano tutta la faccenda alla politica degli annunci.

Loro si accontenterebbero di altro: cinema che funzionino, servizi, tariffe agevolate oltre quelle offerte dalle convenzioni stipulate dall’Università, luoghi della città aperti anche dopo i tempi dello studio. Lo vorrebbero i ragazzi italiani ma ancora di più lo desiderano le centinaia di studenti stranieri che scelgono Sassari attraverso Erasmus.

Invece dopo una certa ora la città è un deserto di offerte accessibili alle tasche dei più giovani e questo è un rischio. Il tempo libero, in una città che non offre niente, rischia di diventare un tempo dilatato e inutile. I commercianti e i pubblici esercenti sassaresi, a parte le solite eccezioni, non fanno molto per trasformare il tempo libero dei giovani in un affare. Basterebbe qualche buona idea e la vita tornerebbe a pulsare anche nel centro che agonizza sotto gli occhi di tutti. Forse gli studenti universitari e gli altri giovani lo raggiungerebbero in bicicletta, o forse no, ma se lo facessero userebbero solo il tratto completato della pista ciclabile. Anche questo progetto, pensato per i giovani, sta andando avanti con una lentezza impressionante. Ogni cantiere è una tappa della via crucis di polemiche che accompagna il progetto. Proteste legittime, ma che sarebbero state più comprensibili nella fase della progettazione, anni fa.

Resta il fatto che Sassari, con la pista ciclabile, arriva con un decennio di ritardo rispetto al resto del mondo. I giovani che dovevano usarla quando venne progettata non sono più tanto giovani. Ma Sassari non è una città per giovani e per di più sta invecchiando male.

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