La Nuova Sardegna

Sassari

I “container” pieni di progetti per il futuro

I “container” pieni di progetti per il futuro

Un’architetta sassarese con il “mal d’Africa” gestisce la spedizione di aiuti nella poverissima regione

12 gennaio 2017
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SASSARI. Tutto è iniziato nel 2011, con un missionario Cappuccino, a Sassari per un dottorato in antropologia, unica pausa in mezzo a decenni di impegno nell’Africa Centrale, più precisamente in un angolo a Nord dell’Angola, ex colonia portoghese grande quattro volte l’Italia dilaniata da una furiosa guerra civile iniziata nel 1975 e finita nel 2002.

Un paese dove ora manca tutto, come quel frate raccontò a una rapita architetta, allora 32enne, che in quell’università insegnava. Da allora per Francesca Sanna inizia una sorta di bellissima malattia. Due viaggi all’anno, per sei anni. A visitare la diocesi retta dal vescovo angolano dove il missionario cappuccino viveva e lavorava da 35 anni. E il cuore, il centro medico, dove non c’è acqua,, luce, bagni, finestre. Ma ci sono i volontari, i dottori cubani rimasti dalla guerra fredda, i volontari di mezzo mondo, in un miscuglio di culture e religioni magico. Tra enorme povertà, sofferenza, malattia, ma anche entusiasmo e voglia, dopo mezzo secolo di guerra, di ricostruire. Francesca Sanna inizia a donare prima il suo tempo, poi i suoi progetti. Ma non basta. «Ho iniziato a capire che il vero problema erano i materiali. Che lì hanno un costo proibitivo. E allora è nata l’idea di spedire dei container in Angola».

Si tratta di bestioni lunghi 12 metri, dal peso di 24 tonnellate, pieni di ogni ben di Dio. «Spedirli costa circa 10mial euro – racconta Francesca Sanna – quindi vanno riempiti di materiale di pregio. Finestre ad esempio, lì ci avevano chiesto 25mila euro per comprarle, qui le abbiamo pagate meno di 5mila. Materiale edile di ogni tipo. Anche una betoniera. Perché lì per costruire bisogna rivolgersi a imprese straniere, a costi proibitivi. E quindi meglio imparare da sè».

I soldi per tutto questo? «Vendiamo calendarietti a 5 euro l’uno – spiega –. E chiediamo in giro. C’è tanta gente disposta a donare. E io e gli amici che mi aiutano non costiamo niente, non siamo un’associazione, non abbiamo nessuno dietro. Siamo persone, che si sono appassionate. E ogni tanto hanno fortuna, come per il laboratorio donato dalla dottoressa Gaiani. O come quando riceviamo un sorriso o un abbraccio da quelle meravigliose persone che abbiamo la fortuna di aiutare». (g.bua)

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