Sul bacino fanghi rossi intesa Regione-Governo
Silvio Lai
◗
Il bacino dei fanghi rossi a PortoscusoL’ampliamento del bacino di Portoscuso, e con esso il rilancio dello stabilimento Eurallumina, è frutto di un’intesa tra Regione e Governo firmata nel 2015
26 settembre 2017
3 MINUTI DI LETTURA
L’ampliamento del bacino dei fanghi rossi di Portoscuso, e con esso il rilancio dello stabilimento Eurallumina, è frutto di un’intesa tra Regione e Governo firmata nel 2015. La realizzazione di questo progetto industriale è subordinata a una valutazione ambientale e sanitaria attualmente in corso che coinvolge i due assessorati all'ambiente e alla salute e le strutture preposte, Arpas e Azienda sanitaria. A tutela della salute dei cittadini come dei lavoratori.
Questa necessaria premessa non serve per disconoscere la paternità dell’emendamento richiamato in questi giorni su queste pagine. Tutt’altro. L’emendamento viene presentato come una cosa nascosta, strumentale e poco comprensibile: si tratta invece di una norma concordata dalla giunta regionale e dal governo, presentata alla Camera dai colleghi di quel territorio ed arrivata a compimento al Senato con il decreto Sud, semplicemente perché era quello che arrivava ad approvazione più rapida rispetto agli altri. L'approvazione di un emendamento arriva dopo il consenso palese del relatore e del governo, cui segue un voto in commissione. Essendo questo avvenuto direi che è chiaro e palese che la vicenda non è nascosta.
Nel merito l'emendamento dichiara impossibile la presenza di usi civici nelle zone industriali già dichiarate tali, nel Sulcis, come a Macchiareddu, a Porto Torres e a Ottana. Se 50 anni fa apparivano romantiche le immagini in bianco e nero con greggi che pascolavano nelle vicinanze di ciminiere industriali oggi sappiamo che questo è pericoloso per tutti. Trovo ragionevole e sensato che dove ci sono industrie non possano pascolare animali né si possano produrre alimenti. Questo, ripeto, non vale solo per le aree limitrofe allo stabilimento di Eurallumina ed è per questo che non si può parlare di una sanatoria ad hoc. Evitare la compresenza di aree industriali già esistenti e di usi civici va a tutela dei cittadini che non sanno da dove provengono il latte e i formaggi, se è permesso il pascolo in aree industriali o in aree adiacenti, inquinabili. Peraltro è altrettanto giusto che usi civici perduti a causa di aree industriali siano recuperati in altri siti, mantenendone costante la dimensione nella comunità. A questo proposito anche la corte costituzionale si è espressa in questo senso con la sentenza n. 511 del lontano 1991.
Nel caso di Eurallumina immagino che il Presidente della Regione, il professor Francesco Pigliaru, che considera l'industria pulita e sicura un elemento a cui la Sardegna non deve rinunciare per la sua economia e il suo sviluppo, non possa nascondere un sì o un no alla filiera dell'alluminio dietro a norme del 1927 o del 1953 o alla compresenza di usi civici. Immagino che debba dire sì o no dopo controlli ambientali e sanitari che confermino o meno la compatibilità di quell'industria con la salute dei cittadini e del suo territorio. Non esiste una legge o un emendamento che possa sollevare il Presidente dall’assumere decisioni come quella dell’ampliamento dei bacini di Eurallumina. Capisco che nel momento in cui viviamo sia più semplice additare un singolo politico come il responsabile di tutti i mali ma nel caso specifico vorrei ribadire che autorizzazioni come quella di cui si discute passano attraverso verifiche e controlli effettuati da uffici e tecnici che hanno le competenze necessarie per decidere.
Personalmente anche io penso che la Sardegna non debba rinunciare all'industria, compatibile con ambiente e salute e controllata dalle istituzioni preposte, e non penso ci possiamo permettere di farne a meno, anche per mantenere occupazione e sviluppo in alcuni territori che oggi hanno poche alternative immediate. Nessun paese europeo ad oggi rinuncia all'industria, anche il più avanzato e attento alla compatibilità ambientale. Non lo deve fare neanche l'Italia, sviluppando il nuovo, come l'industria 4.0 e l'economia circolare, ma partendo da una cultura e competenza industriale che abbiamo e che ha un valore. Per questo penso di aver contribuito, coscientemente, ad una linea politica della Giunta Regionale, che condivido.
*senatore Pd
Questa necessaria premessa non serve per disconoscere la paternità dell’emendamento richiamato in questi giorni su queste pagine. Tutt’altro. L’emendamento viene presentato come una cosa nascosta, strumentale e poco comprensibile: si tratta invece di una norma concordata dalla giunta regionale e dal governo, presentata alla Camera dai colleghi di quel territorio ed arrivata a compimento al Senato con il decreto Sud, semplicemente perché era quello che arrivava ad approvazione più rapida rispetto agli altri. L'approvazione di un emendamento arriva dopo il consenso palese del relatore e del governo, cui segue un voto in commissione. Essendo questo avvenuto direi che è chiaro e palese che la vicenda non è nascosta.
Nel merito l'emendamento dichiara impossibile la presenza di usi civici nelle zone industriali già dichiarate tali, nel Sulcis, come a Macchiareddu, a Porto Torres e a Ottana. Se 50 anni fa apparivano romantiche le immagini in bianco e nero con greggi che pascolavano nelle vicinanze di ciminiere industriali oggi sappiamo che questo è pericoloso per tutti. Trovo ragionevole e sensato che dove ci sono industrie non possano pascolare animali né si possano produrre alimenti. Questo, ripeto, non vale solo per le aree limitrofe allo stabilimento di Eurallumina ed è per questo che non si può parlare di una sanatoria ad hoc. Evitare la compresenza di aree industriali già esistenti e di usi civici va a tutela dei cittadini che non sanno da dove provengono il latte e i formaggi, se è permesso il pascolo in aree industriali o in aree adiacenti, inquinabili. Peraltro è altrettanto giusto che usi civici perduti a causa di aree industriali siano recuperati in altri siti, mantenendone costante la dimensione nella comunità. A questo proposito anche la corte costituzionale si è espressa in questo senso con la sentenza n. 511 del lontano 1991.
Nel caso di Eurallumina immagino che il Presidente della Regione, il professor Francesco Pigliaru, che considera l'industria pulita e sicura un elemento a cui la Sardegna non deve rinunciare per la sua economia e il suo sviluppo, non possa nascondere un sì o un no alla filiera dell'alluminio dietro a norme del 1927 o del 1953 o alla compresenza di usi civici. Immagino che debba dire sì o no dopo controlli ambientali e sanitari che confermino o meno la compatibilità di quell'industria con la salute dei cittadini e del suo territorio. Non esiste una legge o un emendamento che possa sollevare il Presidente dall’assumere decisioni come quella dell’ampliamento dei bacini di Eurallumina. Capisco che nel momento in cui viviamo sia più semplice additare un singolo politico come il responsabile di tutti i mali ma nel caso specifico vorrei ribadire che autorizzazioni come quella di cui si discute passano attraverso verifiche e controlli effettuati da uffici e tecnici che hanno le competenze necessarie per decidere.
Personalmente anche io penso che la Sardegna non debba rinunciare all'industria, compatibile con ambiente e salute e controllata dalle istituzioni preposte, e non penso ci possiamo permettere di farne a meno, anche per mantenere occupazione e sviluppo in alcuni territori che oggi hanno poche alternative immediate. Nessun paese europeo ad oggi rinuncia all'industria, anche il più avanzato e attento alla compatibilità ambientale. Non lo deve fare neanche l'Italia, sviluppando il nuovo, come l'industria 4.0 e l'economia circolare, ma partendo da una cultura e competenza industriale che abbiamo e che ha un valore. Per questo penso di aver contribuito, coscientemente, ad una linea politica della Giunta Regionale, che condivido.
*senatore Pd