La madre: «Non sapevo d’essere incinta»
di Nadia Cossu
In aula l’esame della donna accusata di infanticidio: «Il giorno del parto non sentii alcun dolore». Ora la parola ai consulenti
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SASSARI. «Non sapevo di essere incinta, non me ne sono accorta. Fin da quando era ragazzina il mio ciclo non è mai stato regolare».
Sara Gaspa, la mamma accusata di infanticidio parla davanti al collegio di giudici presieduto da Maria Teresa Lupinu (a latere Sergio De Luca e Vittoria Sechi). Racconta di quel terribile 6 gennaio dell’anno scorso in cui – in una specie di tugurio a Santa Maria Coghinas – ha messo al mondo la sua bambina senza vita. «Prendevo anche le pillole anticoncezionali – ha spiegato in aula – non mi ero accorta della gravidanza, non ho mai avuto nausea e sono sempre stata molto robusta. Quella mattina sono andata in bagno e ho avuto delle perdite, dopo pochissimo è nata la bambina, non ho provato alcun dolore al momento dell’espulsione. Tutte le donne che fanno parte della mia famiglia hanno partorito così, naturalmente e senza soffrire».
Un racconto semplice, che non è stato tradito da commozione o titubanze. Poche parole per ribadire – questa volta davanti ai giudici – che quell’accusa le pesa come un macigno ed è ingiusta. Era stato il sostituto procuratore della Repubblica Paolo Piras – all’indomani del fatto – a chiedere per la Gaspa il giudizio immediato per “infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto”.
Nella prossima udienza, prevista per il 24 ottobre, la parola passerà al consulente nominato dall’avvocato Maurizio Serra che difende l’imputata. Il medico entrerà nel merito delle cause della morte del feto rimasto avvolto nel cordone ombelicale. L’obiettivo della Procura è infatti quello di stabilire se l’avvolgimento sia avvenuto all’interno dell’utero (e in questo caso si tratterebbe di una circostanza imprevedibile) oppure durante il parto (in tal caso si configurerebbe il reato di infanticidio perché la donna non si fece mai assistere durante i nove mesi di gravidanza e quindi nemmeno al momento del parto). Secondo Salvatore Lorenzoni – il medico legale nominato come consulente dalla Procura – potrebbe essere avvenuto anche 4 o 6 ore prima dell’espulsione ma, a suo avviso, è più verosimile che il feto sia rimasto avvolto durante il parto. Gli inquirenti fin dal primo momento hanno sostenuto che sarebbero bastati un’ecografia e un parto cesareo per salvare la vita alla piccola.
Ma la testimonianza della donna, ieri, non si è spostata di una virgola dalle parole pronunciate fin dall’inizio: «Non sapevo di aspettare un figlio». E anche il suo compagno, già sentito in aula in una precedente udienza, aveva detto la stessa cosa: «Vidi Sara uscire dal bagno sporca di sangue», nulla di più sulla gravidanza. Così come un’amica, ugualmente citata come testimone: «Non sapevo fosse incinta».
Il 24 ottobre il consulente della difesa dirà la sua su cosa potrebbe essere accaduto alla bimba della Gaspa.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Sara Gaspa, la mamma accusata di infanticidio parla davanti al collegio di giudici presieduto da Maria Teresa Lupinu (a latere Sergio De Luca e Vittoria Sechi). Racconta di quel terribile 6 gennaio dell’anno scorso in cui – in una specie di tugurio a Santa Maria Coghinas – ha messo al mondo la sua bambina senza vita. «Prendevo anche le pillole anticoncezionali – ha spiegato in aula – non mi ero accorta della gravidanza, non ho mai avuto nausea e sono sempre stata molto robusta. Quella mattina sono andata in bagno e ho avuto delle perdite, dopo pochissimo è nata la bambina, non ho provato alcun dolore al momento dell’espulsione. Tutte le donne che fanno parte della mia famiglia hanno partorito così, naturalmente e senza soffrire».
Un racconto semplice, che non è stato tradito da commozione o titubanze. Poche parole per ribadire – questa volta davanti ai giudici – che quell’accusa le pesa come un macigno ed è ingiusta. Era stato il sostituto procuratore della Repubblica Paolo Piras – all’indomani del fatto – a chiedere per la Gaspa il giudizio immediato per “infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto”.
Nella prossima udienza, prevista per il 24 ottobre, la parola passerà al consulente nominato dall’avvocato Maurizio Serra che difende l’imputata. Il medico entrerà nel merito delle cause della morte del feto rimasto avvolto nel cordone ombelicale. L’obiettivo della Procura è infatti quello di stabilire se l’avvolgimento sia avvenuto all’interno dell’utero (e in questo caso si tratterebbe di una circostanza imprevedibile) oppure durante il parto (in tal caso si configurerebbe il reato di infanticidio perché la donna non si fece mai assistere durante i nove mesi di gravidanza e quindi nemmeno al momento del parto). Secondo Salvatore Lorenzoni – il medico legale nominato come consulente dalla Procura – potrebbe essere avvenuto anche 4 o 6 ore prima dell’espulsione ma, a suo avviso, è più verosimile che il feto sia rimasto avvolto durante il parto. Gli inquirenti fin dal primo momento hanno sostenuto che sarebbero bastati un’ecografia e un parto cesareo per salvare la vita alla piccola.
Ma la testimonianza della donna, ieri, non si è spostata di una virgola dalle parole pronunciate fin dall’inizio: «Non sapevo di aspettare un figlio». E anche il suo compagno, già sentito in aula in una precedente udienza, aveva detto la stessa cosa: «Vidi Sara uscire dal bagno sporca di sangue», nulla di più sulla gravidanza. Così come un’amica, ugualmente citata come testimone: «Non sapevo fosse incinta».
Il 24 ottobre il consulente della difesa dirà la sua su cosa potrebbe essere accaduto alla bimba della Gaspa.
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