Porto Torres, evade un milione di euro: imprenditore denunciato
di Gavino Masia
Il controllo delle fiamme gialle a una società del settore rifiuti alimentari. Accertato anche il mancato versamento all’Erario di imposte per 150mila euro
27 ottobre 2018
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PORTO TORRES. Con la sua azienda che opera nel settore dei rifiuti alimentari aveva avuto un cospicuo ricavo nel corso degli ultimi anni - oltre 1 milione e 200mila euro – ma nel contempo non si era minimamente preoccupato di versare al fisco le oltre 150mila euro di imposte dirette e indirette dovute. L’omessa dichiarazione all’erario di un imprenditore che opera nella zona artigianale turritana è stato però scoperta dai finanzieri della tenenza di Porto Torres. Un’attività investigativa complessa quella portata avanti dalle fiamme gialle, coordinata dal comando provinciale di Sassari, dovuta soprattutto all’inattendibilità e alla incompletezza delle scritture contabili obbligatorie da parte dell’imprenditore-evasore nella contabilità aziendale degli ultimi quattro anni. Una consistente evasione fiscale, dunque, che i militari hanno ricostruito con dovizia confrontando tutti i numeri relativi ai movimenti economici dell’azienda. Settimane di lavoro intenso e di raffronti, per arrivare all’atto finale che inchioda l’imprenditore alle sue responsabilità di evasore per diverse annualità. Massimo riserbo da parte dei finanzieri comunque sul nome dell’imprenditore e sulla denominazione della sua azienda, di cui è stata resa nota solo l’entità del suo guadagno e la cifra delle tasse non versate. Il servizio della guardia di finanza sul territorio continuerà a tutela della leale concorrenza imprenditoriale e del libero mercato, oltre che a garanzia dei soggetti economici che operano per il rispetto delle norme e della legalità. I rifiuti alimentari avevano creato gravi problemi anche nel passato nella stessa zona artigianale oggetto dell’evasione, quella volta fu di natura ambientale, con un episodio gravissimo che coinvolse due operai di Porto Torres. Rimasero infatti intrappolati e morirono nel pozzo maleodorante di uno stabilimento che si occupava proprio degli scarti. Un incidente sul lavoro che sconvolse la città e che interessò da subito il magistrato che aprì l’inchiesta. Qualche mese prima l'autorità giudiziaria e le istituzioni competenti in materia sanitaria avevano infatti concesso delle deroghe alla società, proprio per smaltire gli scarti di macellazione ritirati, nonostante fossero già in essere provvedimenti di chiusura della stessa fabbrica per i nauseabondi odori che ammorbavano l’area della zona artigianale e anche della città.