La Nuova Sardegna

Sassari

Giallo dell'omicidio Erittu, il pg chiede 3 ergastoli

Nadia Cossu
Giallo dell'omicidio Erittu, il pg chiede 3 ergastoli

Il detenuto morto a San Sebastiano, nuova requisitoria dopo la parziale rinnovazione del dibattimento

01 dicembre 2018
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SASSARI. «Bigella era lì, in quella cella. Bigella ha ucciso Erittu e con la sua confessione, con il suo racconto e i dettagli forniti, ha offerto la prova regina dell’essere lui l’autore materiale del delitto. Ha dato quella che gli americani chiamano la “prova della pistola fumante”». E la sua attendibilità fa dunque ritenere che siano responsabili dell’omicidio, in concorso, anche le persone che Bigella ha chiamato in correità.

È una delle tante certezze che Gian Carlo Moi, il sostituto procuratore generale della corte d’assise appello, elenca a chiusura della sua requisitoria prima di chiedere la condanna all’ergastolo per i tre imputati dell’omicidio di Marco Erittu, il detenuto trovato senza vita nella sua cella di San Sebastiano il 18 novembre del 2007.

Carcere a vita, la richiesta del pg, per Pino Vandi, Nicolino Pinna e per l’agente di polizia penitenziaria Mario Sanna. E un anno e sei mesi per i due colleghi di quest’ultimo accusati di favoreggiamento: Giuseppe Sotgiu e Gianfranco Faedda. «Non è un processo contro la polizia penitenziaria – puntualizza Moi – Dentro il carcere ci sono uomini che salvano vite umane tutti i giorni. È un processo contro Bigella, contro Pinna, contro Vandi e contro Sanna».

Erittu, dunque, quel giorno di undici anni fa non si sarebbe suicidato. Non per il procuratore generale, almeno: «Lui voleva uscire dal carcere per parlare con il procuratore. Ma non ha potuto farlo perché è stato ucciso». Ammazzato da quelle stesse persone che la corte d’assise di Sassari a giugno del 2014 ha invece assolto “per non aver commesso il fatto”.

Davanti alla corte d’assise d’appello presieduta da Plinia Azzena (a latere Marina Capitta), Moi ha ricostruito per la seconda volta i fatti del 2007 attraverso perizie, testimonianze, comparazioni scientifiche. Ieri, però, aveva in mano un elemento in più: la nuova perizia del professor Sergio Lafisca. Era stato lo stesso pg – a novembre di due anni fa – a sollecitare «la parziale rinnovazione del dibattimento con l’espletamento di un’altra perizia medico legale». La corte aveva accolto la richiesta e infatti, nel giorno in cui tutti aspettavano la sentenza, i giudici erano usciti dalla camera di consiglio con un’ordinanza che, di fatto, riapriva il processo.

Erittu era stato trovato morto nella sua cella dell’ex carcere di San Sebastiano, il caso inizialmente era stato archiviato come suicidio e poi riaperto in seguito alle dichiarazioni del pentito Giuseppe Bigella che si era autoaccusato del delitto chiamando in correità Vandi come mandante, Pinna che avrebbe aiutato a inscenare il suicidio e Sanna che avrebbe aperto la cella.

Moi ieri ha rilevato le incongruenze che farebbero optare per l’omicidio: «La modifica dolosa dei luoghi (la cella di Erittu ndc), le contraddizioni sul servizio delle guardie in reparto e quelle relative alla posizione del cadavere al momento del ritrovamento». E poi la famosa striscia di coperta che Erittu avrebbe usato per suicidarsi. «C’era il Dna ma è un risultato quasi del tutto ininfluente – aveva detto il perito Lafisca – Dimostra infatti solo che la striscia ha toccato un punto del corpo di Erittu sul quale vi era materiale ematico. Ma non dimostra che si è suicidato strangolandosi con quella striscia perché in tal caso il materiale sarebbe stato di maggiore quantità».

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