La Nuova Sardegna

Sassari

Padre Manzella resta nel cuore dei sassaresi

Padre Manzella resta nel cuore dei sassaresi

Commemorate la figura e le opere del sacerdote e missionario arrivato in Sardegna nel 1900

25 ottobre 2019
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SASSARI. Ottantadue anni non hanno scalfito la devozione dei sassaresi per padre Giovanni Battista Manzella. Oltre che il pellegrinaggio quotidiano nella cripta di via Matteotti, la riprova arriva ogni anno, il 23 ottobre, giorno in cui ricorre l’anniversario della morte del servo di Dio. Così è stato anche mercoledì sera quando la chiesa del Santissimo Sacramento, a stento è riuscita a contenere i tanti fedeli che non hanno mancato l’appuntamento. Una celebrazione partecipata, presieduta dall’arcivescovo Gian Franco Saba, affiancato dal Capitolo, presenti le suore del Getsemani guidate dalla superiora Madre Maria Scalas. Un evento che quest’anno era carico di un significato ancora più pregnante perché celebrato nell’ambito del Mese missionario straordinario voluto da Papa Francesco per diffondere lo spirito della missione a cento anni dalla lettera apostolica Maximum Illud, inviata da Benedetto XV, nel novembre del 1919, ai patriarchi, primati e vescovi del mondo cattolico, per informarli sull’attività svolta dai missionari. E di spirito missionario, padre Manzella ne aveva da vendere, come ha ricordato l’arcivescovo Gian Franco Saba: «La straordinaria vicenda spirituale di padre Manzella è una progressiva donazione delle membra del proprio corpo a Dio, nel suo ministero sacerdotale ha saputo incarnare i principi e gli insegnamenti di San Vincenzo De Paoli». Intenso e suggestivo, dopo la celebrazione, il momento di raccoglimento nella cripta sotto la chiesa, dove riposano le spoglie di quel sacerdote. Dopo una malattia relativamente breve, Manzella morì il 23 ottobre del 1937, al suo funerale la cattedrale di San Nicola venne letteralmente invasa dai fedeli e a distanza di un mese, Libertà uscì con un'edizione straordinaria di quindicimila copie esaurite in pochi giorni. Per i sassaresi non era scomparso un sacerdote molto amato, era morto il «Santo Manzella». L'allora arcivescovo Arcangelo Mazzotti, che celebrò la funzione, concluse l'omelia con parole rimaste impresse nel ricordo della gente: «Era l'incarnazione della misericordia, della bontà e della carità». Arrivato in Sardegna nel 1900 da Soncino, piccolo centro della provincia cremonese, Manzella la percorse con ogni mezzo disponibile, non solo con spirito da vero missionario, ma anche con l'intento di istituire le conferenze vincenziane di carità, associazioni di volontari che si adoperavano per assistere derelitti e indigenti. Al suo arrivo questi sodalizi erano una decina, concentrati soprattutto a Cagliari e Sassari, dieci anni dopo erano già settanta e nel 1925 se ne contavano più del doppio. Furono la base per la creazione di nuove opere: a Sassari videro la luce l'istituto della Divina Provvidenza, il Rifugio Gesù Bambino, l'istituto per i sordomuti e quello per i ciechi. In molti altri centri, grazie al suo impulso, sorsero opere analoghe, soprattutto orfanotrofi e asili, sempre con la preziosa collaborazione delle Dame di San Vincenzo e delle Suore del Getsemani. Manzella era anche un formidabile comunicatore, e a lui si deve la fondazione di Libertà, settimanale dell’arcidiocesi turritana, che l’anno prossimo compie 110 anni. La scorsa primavera Papa Francesco ha riaperto la causa di beatificazione.

Antonio Meloni

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