La Nuova Sardegna

Sassari

Il mix di italiano e dialetto nella lingua nata a Sassari

di Federico Spano
Il mix di italiano e dialetto nella lingua nata a Sassari

Dalla sfortuna di vestire abiti “da tredici” alla gestione di un bimbo “pilandra” i termini che hanno trasformato la parlata rendendola misteriosa agli “stranieri” 

13 dicembre 2019
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SASSARI. L'italiano è sicuramente la lingua più parlata a Sassari, anche se la gran parte della popolazione parla (o capisce) anche il sassarese. I sassaresi sono così legati alla loro lingua, che tante parole sono entrate a far parte della loro parlata italiana.

Di fatto, a Sassari si parla un italiano con tanti termini importati direttamente dal sassarese. Finché si sta in città o nei dintorni, tutti capiscono perfettamente. I problemi (piccoli, in realtà) nascono quando si va fuori dall'isola o quando si parla con un “continentale”. Così succede, che se vai a spiegare all'amico di Roma che sei “crepato” dal sonno perché ti sei alzato troppo presto, lui potrebbe guardarti strano. O ancora, potresti vedergli spuntare un bel punto di domanda in fronte, se gli spiegassi che all'aeroporto ti sei “affarrato” con l'operatore perché quel “barrasone” di valigia che volevi imbarcare era troppo pesante.

Per non parlare poi di come reagirebbe un milanese che si prende troppa confidenza, ascoltando la tua strana frase: «Bellobè, mi’ che non abbiamo giocato a ballocci assieme, mi’». Voi siete convinti di avere parlato in italiano, ma più a sud di Siligo, probabilmente non vi capisce più nessuno. Così come ben pochi capirebbero che quei pantaloni si sono “trappati” perché erano “da tredici”.

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L'elenco dei “falsi amici” sassaresi, ossia di quei termini che istintivamente usate nel vostro italiano, ma che in realtà ben poco italiani sono, è davvero lungo. Un sassarese che è appena caduto in moto, non dovrebbe stupirsi se il carabiniere campano non capisce nulla della frase: «Che “futta”, sono “strampato” per colpa di un automobilista “sventiato” e ora ho tutta la moto “incicciata”». Oppure, dopo una serata di bagordi con amici genovesi, dovreste evitare di dire che avete “tasato” troppo e avete un “cecio” clamoroso. Chiaramente non capirebbero, come non capirebbero che quando state in compagnia amate fare “cionfra”, ma se siete “in truscia” preferite stare a casa. E la sera, quando scende il “lintore”, fa molta “iazza” e avete le mani “accancarate”, non esclamate “tittia!” se non siete in compagnia di sassaresi.

Potremmo fare decine di esempi di frasi che si possono capire solo nel nord ovest della Sardegna (o quasi). Simpatica la situazione in cui vi rivolgete a un collega toscano per offrirgli un caffè e dite “Esci, che andiamo a prenderci un caffè” e lui si offende perché è convinto che lo abbiate invitato ad andarsene: “Esco?”.

Poi ci sono i “mandroni” che non hanno “gana” di fare nulla. E in questo caso la geolocalizzazione si potrebbe ampliare alla gran parte dell’isola, Campidano compreso, dove la “mandronia” e il difetto di “gana” sono patologie che si riconoscono all’istante. Quelli che stanno “arravanando” perché hanno finito le sigarette, o quelli “imporrati” perché stanno andando a vedere la partita della Dinamo e di fronte all’ennesimo tiro da tre di Spissu esclamano “Cro cro! Li stiamo facendo groghi” sono invece comprensibili solo oltre l’ipotetico vallo che divide i vocabolari dell’isola. Per non parlare dei “pindacci”, che “mettono occhio” e stanno sempre “frastimando”. Un bambino vivace e birichino che sta sempre saltando, per un sassarese è ovviamente una “pilandra” che sta sempre “brincando” e non è un caso che la madre, molto “buriata”, lo stia sempre “azzantarando”.

Abbiamo provato a realizzare un elenco (incompleto e migliorabile) dei termini che i sassaresi usano nel loro italiano (potremmo chiamarlo "sassaritano"?), ecco qui la lista completa.

Se ne abbiamo dimenticato qualcuno, per favore, scriveteci all’indirizzo web@lanuovasardegna.it. Aggiorneremo l’elenco anche grazie ai vostri suggerimenti.

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