La Nuova Sardegna

PORTO TORRES. Mentre in alcuni Comuni italiani il progetto Sprar si è bloccato - senza proroga e con nuovi disoccupati tra i gestori - a Porto Torres invece continua sin dalla data di attivazione del 2016. Il progetto è realizzato dal Comune con fondi ministeriali e gestito, in seguito a gara d’appalto, dal Gruppo umana solidarietà: sono stati ospitati 113 ragazzi con un’età media di 22 anni, provenienti prevalentemente dai paesi dell’Africa subsahariana, dalla Libia, dalla Siria e dal Bangladesh. I rifugiati possono essere presenti al massimo in 25 unità e vengono ospitati in sei appartamenti cittadini, sotto la supervisione di 4 operatori sociali e uno psicologo a chiamata. Nel corso degli anni sono stati sviluppati numerosi progetti di inclusione e quasi il 40 percento degli ospiti è riuscito a inserirsi nel mondo del lavoro. Diversi di loro sono stati assunti anche da imprese di Porto Torres nel settore della ristorazione, dell’agricoltura, ma anche in quello industriale e della riparazione automezzi. Frequentano le scuole primarie, secondarie, qualcuno anche l’università e svolgono con continuità anche i corsi di lingua italiana. Il Gus ha attivato diverse collaborazioni con le associazioni di volontariato e cultura, facendo partecipare gli ospiti a eventi solidali e realizzando progetti come il bookcrossing.

«Lo Sprar – dice l’assessora alle Politiche sociali Rosella Nuvoli – significa anche un supporto per l’indotto: 7 appartamenti di privati vengono utilizzati per ospitare i rifugiati, per le manutenzioni il Gus si avvale di manodopera locale, i ragazzi effettuano acquisti nei negozi e frequentano palestre o strutture gestite da società sportive locali». (g.m.)