La Nuova Sardegna

Sassari

Minacce a inserviente la lite in monastero finisce in tribunale

di Nadia Cossu
Minacce a inserviente la lite in monastero finisce in tribunale

Una 36enne sarebbe stata maltrattata dalla bibliotecaria «Io rinchiusa in cucina, intimidita e costretta a licenziarmi»

14 febbraio 2020
3 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. La bibliotecaria, l’inserviente, la cuoca, l’Abate, il monaco benedettino. Sono i protagonisti di una storia cominciata nelle segrete stanze del monastero di San Pietro di Sorres, a Borutta, e poi finita davanti al giudice nell’aula pubblica di un tribunale.

Sul banco degli imputati c’è la bibliotecaria/segretaria “tuttofare” dell’abbazia (difesa dall’avvocato Nicola Lucchi) accusata di maltrattamenti e lesioni aggravate nei confronti di una inserviente. Quest’ultima l’aveva denunciata dopo aver subìto – così aveva spiegato ai carabinieri – continue minacce. In particolare aveva raccontato che la collega l’aveva più volte intimata di abbandonare il posto di lavoro per non farlo perdere a un’altra dipendente del monastero. E per raggiungere questo scopo la bibliotecaria non avrebbe perso occasione per mettere in cattiva luce l’inserviente. Ad esempio sporcando puntualmente dove lei aveva appena pulito. Un giorno l’avrebbe anche rinchiusa dentro la cucina e le avrebbe detto: «Te ne devi andare! Stai facendo perdere il posto a una madre di famiglia. Non devi firmare il contratto di lavoro, perché l’Abate non comanda, comandiamo io e Laura (l’altra inserviente che avrebbe “rischiato” il posto per colpa sua ndc)...». E in questo delirio avrebbe trascinato anche un monaco. Pure lui, secondo l’inserviente, si sarebbe “adoperato” per convincerla a lasciare il posto di lavoro.

Ma le minacce sarebbero state anche di altro genere e figurano sempre nella denuncia fatta dalla lavoratrice che alla fine, esausta e in preda a forti stati d’ansia, diede le dimissioni: «Ti uccido i cani – le avrebbe detto una volta la segretaria – Tu non duri a Borutta».

A raccogliere la prima denuncia della parte offesa, una 36enne sassarese (assistita nel processo dall’avvocato Luigi Satta), erano stati i carabinieri di via Rockefeller. Ai militari la donna aveva raccontato l’incubo vissuto tra maggio e luglio del 2017. Era stata assunta dall’Abate pro tempore, padre Antonio, il 12 luglio del 2017 dopo un periodo di prova di due mesi circa. E i giorni prima della firma del contratto la bibliotecaria avrebbe cominciato a intimidirla. «Dopo che io pulisco i locali – aveva detto durante la denuncia – lei li sporca deliberatamente, sputa per terra, ho trovato un topo morto in un lavandino della lavanderia. Da circa due mesi, tutti i giorni, mi accusa di lavorare troppo per mettere in ombra la sua collega di Borutta e farla licenziare». Dichiarazioni confermate da una testimone, sempre dipendente del monastero, e anche lei vittima, al momento del suo arrivo a Borutta, delle “attenzioni” della solita bibliotecaria: «Anche io fui sottoposta a continue pressioni – aveva rivelato ai carabinieri di Torralba che l’avevano sentita a sommarie informazioni – Mi dicevano che ero lenta, che non sapevo cucinare e che avrei fatto fallire il monastero. Con la chiara intenzione di spingermi a presentare le dimissioni». Ma lei aveva resistito. La 36enne sassarese no. A dire il vero aveva anche cercato un chiarimento con la bibliotecaria che per tutta risposta l’avrebbe offesa con parole volgari. La situazione, diventata insostenibile, l’aveva spinta ad andarsene. Ora sarà il giudice Giuseppe Grotteria a stabilire, a conclusione del processo, dove stia la verità.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano
Tribunale

Sassari, morti di covid a Casa Serena: due rinvii a giudizio

di Nadia Cossu
Le nostre iniziative