La Nuova Sardegna

Sassari

Contagiato da un paziente muore il chirurgo Spissu

di Roberto Sanna
Contagiato da un paziente muore il chirurgo Spissu

Aveva operato al Policlinico la prima persona trovata positiva al Covid-19 Primario e docente universitario, era rientrato in servizio qualche mese fa

16 aprile 2020
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SASSARI. Il professor Marco Spissu amava talmente tanto il suo lavoro da non essere riuscito, pur essendo già in pensione, a dire di no alla chiamata del Policlinico, che stava ripartendo dopo il fallimento e aveva bisogno di un medico come lui. Una garanzia sul piano professionale e, soprattutto, inarrivabile sul piano umano. Il coronavirus se lo è portato via ieri dopo essersi insinuato dentro di lui durante quella che doveva un’operazione di routine, effettuata però su quello che poi sarebbe risultato il primo paziente positivo al virus nella struttura privata cittadina.

Quella scoperta aveva portato alla chiusura temporanea del Policlinico (oggi struttura interamente covid) al trasferimento del paziente nel reparto di Malattie infettive. Dietro le quinte di questo polverone, quel chirurgo sorridente stava già combattendo la sua battaglia: i primi sintomi, il ricovero in ospedale, un miglioramento che aveva illuso tutti, poi le sue condizioni si sono nuovamente aggravate fino alla resa di ieri mattina. Marco Spissu è il secondo medico ucciso in Sardegna dal coronavirus. Il primo, una settimana fa, era stato Nabeel Khair, medico di base a Tonara, deceduto al Santissima Trinità di Cagliari.

Marco Spissu era nato a Cagliari 72 anni fa. Sposato, aveva due figli che avevano egualmente scelto di indossare il camice anche se con specializzazioni diverse: Fausto è anestesista, Noemi chirurgo plastico. Laureatosi nel 1972 all’Università di Sassari, era entrato alle Cliniche universitarie e nel 1994 era passato al Policlinico di Sassari, diventando il primario di Chirurgia. Era anche un apprezzato consulente della procura della Repubblica e professore associato all’Università di Sassari. «Uno dei pochi che veramente meritava di essere chiamato professore» dicevano ieri, in lacrime, i suoi tanti colleghi e amici distrutti dalla notizia. Perché di Marco Spissu prima ancora che la grande capacità professionale si ricorderà il lato umano, il modo in cui sapeva rapportarsi coi pazienti. Riusciva a farli sentire speciali con un sorriso, una battuta o un quadratino di cioccolato regalato a una paziente alla quale aveva salvato la vita perché, comunque, era Pasqua e bisognava festeggiarla in qualche modo.

Era appassionato di sport, soprattutto di pallavolo e negli anni Novanta aveva fatto parte della dirigenza della Solo Volley, società che aveva ereditato il settore maschile della storica Silvio Pellico. Era anche legatissimo a Giave, il paese dei genitori (il padre Pantaleo è morto a 102 anni, la zia Maria Cosima è ancora viva e ha festeggiato i 101) che sentiva suo ricambiato con grande affetto dalla cittadinanza che ieri, tramite la sindaca Maria Antonietta Uras ha pianto «un uomo dal cuore grande, non solo un chirurgo d’élite che lascia un’impronta indelebile in tutti quelli che lo hanno conosciuto».

L’ultima parte della carriera era coincisa con le difficoltà del Policlinico e infatti non aveva resistito a quella che era una vera e propria chiamata alle armi: far rinascere una struttura dove aveva ancora tanti amici. Un ospedale per il quale, si può dire senza retorica, ha dato davvero la vita.

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