La Nuova Sardegna

Sassari

«Fase 2 senza fare gli stessi errori»

di Paoletta Farina
«Fase 2 senza fare gli stessi errori»

Otto sigle contro la gestione dell’emergenza e i nuovi protocolli: pazienti ospedalieri a rischio

28 aprile 2020
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SASSARI. Otto sigle sindacali della sanità bocciano la gestione dell’emergenza coronavirus e le “aree grigie” predisposte dall’Aou per la fase 2. Ed è una bocciatura sonora: «Perché sarebbe folle – scrivono in una lunga nota – pensare di ragionare di una riorganizzazione secondo i vecchi paradigmi. Eppure il rischio che stiamo correndo è proprio quello: che il desiderio di tornare alla normalità ci porti a sottovalutare i pericoli che ancora esistono». E che le “aree grigie”amplificherebbero. .

Gli errori. Giovanni Garrucciu per l’Anaao Assomed , Giovanni Pala (Aaroi - Emac), Marianna Pes ( Anpo-Ascoti-Fials Medici), Myriam Pastorino e Paolo Dettori (Cgil Dirigenza Medica e Sanitaria e Fp Cgil Sassari), Rita Nonnis (Cimo- Fesmed), Luigi Cugia (Cisl Medici), Franco Piredda (Uil Medici) e Davide Piredda (Fassid) fanno un dettagliato resoconto di quanto è accaduto in questi due mesi e danno un contributo per ripartire da maggio con una marcia in più e non ripetere gli errori del passato.

Le fragilità. «La Sanità Sassarese nella fase 1 non ha dato prova di una perfetta capacità organizzativa anzi», dicono e snocciolano i “punti di fragilità”: «Tardiva adozione di protocolli e percorsi covid + e covid - senza alcuna logica di sistema, ma adottati spesso reparto per reparto; mancata integrazione territorio–strutture ospedaliere (Aou in particolare); sanità pubblica del territorio parcellizzata e depauperata». Scotto «di una malriuscita fusione delle strutture del Santissima Annunziata con quelle che costituivano il primo nucleo dell’Aou, le “Cliniche di San Pietro” ed il Policlinico Universitario».

Zona rossa. Come se non bastasse, con il coronavirus che ha fatto diventare Sassari “zona rossa” dell’isola, si sono «sospese o fortemente ridotte tutte quelle attività di assistenza che venivano svolte prevalentemente negli ospedali. Una lista lunghissima di prestazioni che sono venute a mancare a malati oncologici, neurologici, psichiatrici e altri ancora. Però adesso è arrivato il momento ed è doveroso dare risposte che questa vasta platea di malati richiede, richieste che sono in aumento. Perciò non si può continuare, in questa emergenza a fornire un’assistenza «ospedalocentrica», dicono i sindacati. Tanto più nel momento in cui - è il ragionamento delle organizzazioni sindacali - verrà meno il supporto delle strutture private che usciranno di scena («Il Policlinico Sassarese, forse troppo presto dati i numeri: circa 35 ricoveri e altri in procinto di essere attuati», sottolineano i sindacalisti).

Programmare. Che fare allora? Soprattutto alla luce del fatto che i reparti sono diventati focolai di contagio durante l’emergenza? C’è urgenza massima di programmazione perché non si ripeta quanto è avvenuto. E allora è necessario che «l’Azienda ospedaliero universitaria che è un Hub a vocazione chirurgica, con specialità che non possono essere svolte nel territorio, e con specialità internistiche e pediatriche di secondo livello, ritorni in modo graduale e protetto alla sua “mission” ».

Percorsi separati. Ma, con il Covid che ancora non è stato sconfitto «sarebbe incauto aprire indiscriminatamente gli ospedali senza assicurare percorsi separati per pazienti con malattia riconducibile al Covid e per pazienti che, pur essendo potenzialmente portatori del virus, possono essere curati solo in un Hub o in ospedale». Quindi occorre ampliare il Padiglione Infettivi che «metta la popolazione in sicurezza da un’eventuale seconda ondata epidemica che nessuno può escludere. Ma per gli altri reparti non si può continuare in regime di deroga e creare “zone grigie” diffuse per accogliere i pazienti sospetti Covid aumenterebbe il rischio di nuove infezioni ospedaliere. Non può essere questo il modo di gestire la fase 2, servono strutture dedicate. O ricadremmo negli errori fatti in Lombardia».

Il territorio. Per quanto riguarda il territorio, poi «si mettano in campo tutte le risorse necessarie: vengano attivate le Usca e si aumenti il numero di laboratori per l’esame dei tamponi».

«La nostra preoccupazione – chiudono Myriam Pastorino e Paolo Dettori – è sulla fase perché pensiamo sia molto rischiosa e delicata. Se si possono attrezzare “camere tampone” dedicate all’emergenza nei reparti, tutti i sospetti contagiati cosiddetti “grigi devono andare negli Infettivi o in strutture separate, perché gli altri pazienti non Covid non possono essere sottoposti a rischi. Resta basilare, però che il pronto soccorso tratti tutti gli arrivi come sospetti».

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