La Nuova Sardegna

Sassari

Università di Sassari, verso le elezioni. Demuro: «Studenti al centro e politica fuori dalla porta»

di Giovanni Bua
Giampaolo Demuro
Giampaolo Demuro

Parla il preside di Giurisprudenza, primo a lanciare la corsa per il dopo Carpinelli. «Non voglio fare il manager, ma mettermi alla guida di ricerca e didattica»

21 giugno 2020
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SASSARI. «Questa è una campagna rettorale, non elettorale. La politica poco c’entra. E, con gli altri aspiranti rettori, non vedo l’ora di parlare nel dettaglio delle loro idee per la nostra università». Non accetta il “gioco” delle correnti, delle provenienze, delle amicizie Giampaolo Demuro, preside di Giurisprudenza, ordinario di Diritto penale, e primo a lanciare la corsa per la successione a Massimo Carpinelli, nello scorso febbraio. Con lui continua il percorso informativo della Nuova, aperto con l’intervista a Gavino Mariotti, che porterà fino all’elezione del nuovo rettore dell’università di Sassari per i prossimi sei anni. Secondo le comunicazioni al Senato accademico, il voto dovrebbe svolgersi tra fine settembre e i primi di ottobre

«Sarebbe poco rispettoso nei confronti dell’Ateneo – sottolinea Demuro– pensare che qualcuno possa controllare o indirizzare pacchetti di voti. Che ci siano schiere formate, che rispondono a logiche esterne all’università. Ci sono 570 docenti, in gran numero non sassaresi, e 500 amministrativi che faranno la loro scelta. Uno per uno. E poco conta come hanno votato la scorsa volta, sono molto fiducioso che guarderanno bene ai programmi, e faranno la scelta giusta».

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Non che un rettore possa fare a meno della politica: «Al livello più alto e istituzionale chiaramente – sottolinea Demuro –. Ma se mi chiedete se sono amico del sindaco Campus mi viene da sorridere. Lo conosco bene, essendo un professore. E sono sicuro che i rapporti con il Comune sarebbero ottimi se fossi eletto. Ma lo sarebbero stati anche con il sindaco che c’era prima, o con quello che verrà dopo. Come con il governatore o il ministro. Si parla dell’università di Sassari, non scherziamo».

Sulla continuità o meno con il suo predecessore poi: «Anche qui non ha molto senso parlare di “uomini di Carpinelli”. Un rettore, finito il suo compito, torna un professore. Io Carpinelli sei anni fa non l’ho votato, ma ho avuto un ottimo rapporto con lui. E sono pronto a riconoscere le molte cose buone che ha fatto. Ma anche a cambiare rotta su molte altre».

Da salvare assolutamente: «L’internazionalizzazione – spiega l’ordinario di Penale –. L’Uniss è un’eccellenza a livello europeo per l’Erasmus. Ma anche i progetti di ricerca internazionali entusiasmanti come quello sulla desertificazione. O i corridoi umanitari e l’apertura ai rifugiati, solo per citare alcune delle tante cose buone».

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Da cambiare invece: «La collegialità – continua Demuro –. Penso che vadano riallacciati i rapporti con i dipartimenti. È lì che la volontà dell’Ateneo deve iniziare a formarsi. E da lì deve partire una collaborazione nella prospettiva di una contaminazione positiva di linguaggi e di saperi».

Pillole di un programma corposo, 32 pagine spedite agli oltre mille elettori, con una scelta di scendere in campo mai in discussione. Nemmeno dopo la “tegola” dell’iscrizione nel registro degli indagati per una complessa inchiesta della guardia di finanza sui presunti concorsi truccati all’interno dell’ateneo sassarese. «Dire che ho rispetto e fiducia nella magistratura è pleonastico – sottolinea il docente di diritto penale –. E aggiungo che penso di aver dato tutte le risposte che servivano e di avere la coscienza più che pulita. Detto questo non vedo come il diritto-dovere a indagare, a tutto tondo, della magistratura possa entrare in conflitto con la mia candidatura al rettorato. E sono sicuro che nessuno dei miei concorrenti la pensi diversamente».

Tornando al programma: «È molto tecnico – spiega il preside di Giurisprudenza – studiato nei dettagli. Io non penso di dovere dare suggestioni o visioni, io penso di dover fare quello che nella vita ho sempre fatto, studiare, e attraverso lo studio produrre dei risultati. E, per questo, aspetto con ansia di entrare nel merito dei singoli problemi con i miei concorrenti».

Dalla “visione” però non si scappa: «Diciamo che prima di tutto io sono un professore – dice –. E penso che il rettore si debba occupare di indirizzare la ricerca e la didattica. Per gli aspetti manageriali c’è il direttore generale, che chiaramente segue degli indirizzi. Ma non credo al rettore manager. Credo più nell’umanizzazione dell’università. I parametri spietati che guidano la competizione globale tra atenei sono importanti da rispettare, ma non possono essere fini a se stessi. Lo studente, e in generale la qualità dei rapporti e della convivenza, deve rimanere al centro di tutto».

Centralità degli studenti che pone immediato un problema di accessibilità: «Tutte le famiglie sarde devono poter iscrivere i propri figli all’università. Per questo bisogna garantire assegni e borse di studio, servizi abitativi e di mensa, facilitazioni di trasporto, servizi sanitari. Studiare serve perché forma la persona e il modo di pensare. Studiare serve per trovare lavoro. L’università di Sassari può e deve fare tanto, rappresentare cioè un motore di sviluppo sociale, culturale, scientifico ed economico. Certo gli studenti vanno seguiti anche dopo che si laureano. E per questo serve valorizzare la rete istituzionale, fare selezioni serie e trasparenti, attivare stage e tirocini, presentare i laureati migliori. E soprattutto trovare il modo di farli restare».

Ma non solo: «Servono residenze universitarie – continua il candidato rettore – e per questo spero che siano portati a compimento nel tempo più breve possibile tutti i lavori, e tutti i progetti. Compreso quello del campus. Penso alla struttura dell’ex brefotrofio, di proprietà dell’Università e assolutamente da valorizzare. Ma anche agli altri progetti, finanziati, che spero non si siano persi per strada».

Sul dualismo con Cagliari poi: «Non dobbiamo temere la concorrenza, la combatteremo con la qualità e l’organizzazione – spiega Demuro – e comunque Sassari e Cagliari devono entrambe pensare al bene della Sardegna. Coltivare le loro unicità, strutturare i propri corsi pensando a cosa realmente serve al territorio. A Sassari abbiamo punte di diamante a livello nazionale, come Agraria e Veterinaria. Abbiamo Scienze economiche e aziendali che è un dipartimento di eccellenza. E le sedi decentrate di Alghero, Nuoro, Olbia, che stanno ottenendo ottimi risultati, e su cui si potrebbe fare ancora di più. Per non parlare di Medicina, o della “mia” Giurisprudenza. E in generale di tutte le nostre facoltà. Parlare di dualismo con Cagliari mi sembra perlomeno riduttivo. Noi, i nostri docenti, i nostri ragazzi, dobbiamo guardare al mondo. E noi e Cagliari, per quanto orgogliosi della nostra diversità e in sana competizione, dobbiamo fare massa critica per difendere gli interessi dell’Isola».

Il primo atto da rettore? «La richiesta di stipula di una convenzione con il Comune di Sassari per la “Città Universitaria”, aperta alla firma di tutti gli altri soggetti istituzionali e privati. Per trasformare Sassari in città che vive un processo di integrazione o addirittura di osmosi con gli studenti e i docenti. Un rapporto tra città e università segnato positivamente dalla inclusione, con riferimento all’età, alla cultura, all’etnia, alla religione, al genere, con il rispetto dovuto ai disabili. Ma la prima cosa che farò dopo l’elezione sarà un’altra: metterò la sveglia alle 7.30, mi vestirò e andrò in dipartimento a fare lezione. Perché insegnare ai ragazzi è la mia vera e profonda aspirazione, e per loro ho deciso di fare questo passo così importante».

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