La Nuova Sardegna

Sassari

Prostituzione, assolto l’avvocato Onorato

di Nadia Cossu
Prostituzione, assolto l’avvocato Onorato

Il legale era accusato di sfruttamento, a 14 anni dall’inchiesta il verdetto della corte d’assise d’appello: il fatto non sussiste

09 aprile 2021
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SASSARI. Dopo quattordici anni «giustizia è stata fatta. E mai come in questo caso, anche se molto tardi». Comprensibile l’entusiasmo degli avvocati Gabriele e Franco Luigi Satta che difendevano il collega Giuseppe Onorato al quale era stato contestato il reato di sfruttamento della prostituzione. Accusa che i giudici della corte d’assise d’appello di Sassari (presidente Marina Capitta, a latere Maria Grixoni) hanno spazzato via con una sentenza di assoluzione piena: il fatto non sussiste. Ribaltando, quindi, il verdetto di primo grado con il quale erano stati inflitti a Onorato due anni e dieci mesi.

L’inchiesta risale al 2007. Le indagini “sarde” di un filone investigativo molto più ampio incentrato sullo schiavismo del terzo millennio erano state condotte dalla squadra mobile sassarese che sgominò un’organizzazione internazionale che secondo le accuse comprava e vendeva giovani donne. Nigeriane, per lo più, obbligate in seguito a mettere in vendita il proprio corpo. I metodi di costrizione erano i soliti usati dagli sfruttatori nigeriani: il sequestro dei documenti, le violenze e le minacce di riti voodoo. Questo perché negli ambienti di provenienza delle vittime, la superstizione è un’arma potentissima. L’operazione di polizia, coordinata dall’allora pubblico ministero Michele Incani della Procura di Sassari (che aveva poi trasmesso gli atti alla Dda di Cagliari), era stata chiamata «Osusu» perché, nel dialetto di origine di alcuni degli imputati, si chiama così la cassa comune. Ed era proprio una «osusu» quella creata dalle maman della banda per acquistare nuove ragazze da destinare al marciapiede in Italia.

All’avvocato Giuseppe Onorato – che da sempre, tra le altre cose, tutela gli extracomunitari – era stato contestato di avere presentato centinaia di domande-fotocopia di asilo politico per cittadine nigeriane i cui nominativi, secondo il pm della Dda, gli erano stati forniti non dalle interessate ma dai loro «padroni» aguzzini. Pezzi di carta, corredati da una fotografia, che i componenti dell’organizzazione ritenevano fondamentali perché in questo modo le donne non sarebbero state espulse.

Gli avvocati Franco Luigi e Gabriele Satta hanno invece ribadito anche in appello che quelle non erano istanze di asilo politico ma richieste di appuntamento in questura dove ognuno, una volta convocato, avrebbe dovuto spiegare i motivi della richiesta da inoltrare a Roma. Pezzi di carta che, in sintesi, non avrebbero salvato le ragazze dall’espulsione. «Tutto – hanno spiegato i due difensori – era demandato alla questura e alla commissione territoriale per il riconoscimento dello status di rifugiato. L’avvocato Onorato aveva fatto diversi solleciti all’ufficio immigrazione perché le pratiche venissero sbrigate, proprio per evitare la permanenza clandestina. Siamo felici di questo esito nel quale abbiamo confidato anche dopo la sentenza di primo grado».

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