La Nuova Sardegna

Sassari

Sassari, parla la sociologa: «Un lavoro di squadra per arrestare il declino»

di Roberto Sanna
Sassari, parla la sociologa: «Un lavoro di squadra per arrestare il declino»

Sara Spanu: servono interventi coordinati su diversi fronti

06 aprile 2022
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SASSARI. Nulla è perduto per il centro storico. Ma per farlo rinascere bisogna agire su vari fronti perché la chiave giusta è farlo nuovamente diventare uno degli oggetti dei desideri di chi vive a Sassari. Sara Spanu, sociologa dell’Università di Sassari che ha curato diversi lavori incentrati sul centro storico della città, lascia aperte ampie porte alla rinascita e contemporaneamente sottolinea che gli interventi devono essere programmati da più parti e i settori devono essere diversi: dall’edilizia, ai servizi, alla sicurezza, ai trasporti. Servono tante cose, insomma, per far venire voglia alla gente di riappropriarsi della sua città vecchia. E non possono essere solo le iniziative private a fare la differenza.

Doppio fronte. «Credo sia errato parlare genericamente di “centro storico” – è il suo punto di partenza –: in realtà siamo di fronte a due aree ben distinte. La prima, partendo da piazza Castello, è quella che arriva fino a piazza Mazzotti. Quest’area è popolata e si caratterizza per la presenza di edifici di pregio e, soprattutto, di servizi e iniziative che sono interessano tutta la città. Attraversando questa linea di demarcazione lo scenario cambia, si entra in un’area prettamente residenziale che nel corso degli anni ha riconvertito i servizi e le attività in funzione di chi ci abita. La parte alta risulta così più effervescente e ha diversi elementi di richiamo, mentre la seconda è monofunzionale, con negozi di vicinato rivolti esclusivamente alla popolazione locale».

Lo spopolamento. Detto questo, bisogna capire perché i sassaresi sono andati via in massa dal centro storico e non sono più tornati come invece sta succedendo in molte parti d’Italia: «Nel corso degli anni sono cambiate le esigenze delle persone – spiega la sociologa –, che sono andate alla ricerca di abitazioni moderne e funzionali, più adatte alle loro vite. Caratteristiche che le vetuste abitazioni del centro storico non erano più in grado di offrire e non sono state in grado di riproporre».

Il ripopolamento. Qui il discorso si fa più complesso. In qualche caso, per esempio piazza Tola o via Torre Tonda, sono stati i privati a recuperare gli spazi e offrire ai sassaresi qualcosa di attraente. Ma non si può pensare che siano le iniziative private a risolvere tutto: «La presenza di servizi di richiamo, come gli uffici pubblici, aumenta sicuramente la circolazione delle persone. Poi ci sono progetti come il Pinqua certamente molto interessanti perché servono a combattere il degrado dal punto di vista urbanistico, ma non possono bastare. Perché chi decide di vivere in uno spazio urbano ha bisogno non solo di una bella casa, ma anche di altre qualità che lo invoglino a prendere quella decisione. Se i luoghi non hanno quelle qualità, diventa più complicato convincere le persone. La sicurezza è un altro fattore determinante, se un luogo non viene percepito come sicuro non viene certamente scelto. Per questo serve un lavoro di squadra. Un altro elemento importante è la mobilità: le strade del centro storico non sono adatte alle nuove esigenze, per cui questa zona dovrebbe essere supportata da una serie di servizi e iniziative che consentano di utilizzare meno l’automobile. Per esempio, una rete efficiente di trasporti pubblici».

Declino da arrestare. «Nell’ultimo lavoro fatto insieme alla professoressa Maria Antonietta Mazzette ho detto chiaramente che quello del centro storico di Sassari non è un destino ormai segnato – è la conclusione –. Serve uno sforzo collettivo, sapendo dall’inizio che si tratta comunque di processi di lungo periodo che hanno bisogno di risorse da investire e di interventi adeguati allo scopo».

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