La Nuova Sardegna

Sassari

Tribunale

Tentata evasione dal carcere di Alghero: condannato il docente dei detenuti

di Nadia Cossu
Tentata evasione dal carcere di Alghero: condannato il docente dei detenuti

Era accusato di aver favorito la fuga di tre albanesi

26 ottobre 2023
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Sassari Preannuncia già ricorso in appello l’avvocato Elias Vacca, difensore del docente algherese Giovanni Pirisi, di 52 anni, condannato ieri a tre anni perché accusato di aver favorito – a gennaio del 2013 – il tentativo di fuga di alcuni detenuti dal carcere di Alghero dove lui insegnava in un corso di cucina organizzato dalla scuola alberghiera. In particolare lo avrebbe fatto fornendo loro gli strumenti necessari per mettere in atto il piano: arnesi da scasso e un telefono cellulare. In cambio di mille euro. Da qui la contestazione del più grave reato di corruzione che per la Procura, alcune settimane fa, si era tradotto in una richiesta di condanna a 6 anni e 8 mesi. «Il mio assistito – ha detto ieri il legale dopo la lettura del dispositivo – è un insegnante stimato e incensurato a tutt’oggi, accusato da un pluripregiudicato e da chi era complice di costui. Ricorreremo in appello perché un secondo vaglio giurisdizionale è ragionevole».

Insieme al docente – per il quale la Procura aveva chiesto sei anni e otto mesi di reclusione – erano finite a processo altre sei persone. Questa la sentenza nei loro confronti: Gojart Leba è stato condannato a 4 anni, Majda Leba a 2 anni e 8 mesi, Giovanni Antonio Serra è stato invece assolto. Reato dichiarato estinto per prescrizione, invece, per Dilaver Laci, Olsjon Bilishti e Lionel Ungureani (assistiti dagli avvocati Antonio Meloni, Tina Lunesu e Paolo Spano).

Nella sua discussione l’avvocato Elias Vacca aveva messo in evidenza le contraddizioni emerse durante il dibattimento. L’insegnante «incensurato e con una carriera immacolata» – come ha più volte sottolineato il legale – ha sempre respinto le accuse sostenendo che qualcuno volesse vendicarsi di lui. «Perché non ho assecondato le richieste della sorella di un detenuto – aveva spiegato durante l’esame in aula – Mi aveva contattato perché voleva che facessi in modo di far ammettere suo fratello direttamente dal primo al terzo anno e così avrebbe potuto ottenere dei permessi». L’imputato aveva spiegato ai giudici (collegio presieduto da Giancosimo Mura, a latere Monia Adami e Sara Pelicci) di esser stato calunniato e aveva negato con forza di aver mai ricevuto soldi. «Non ne avevo bisogno, lavoravo dentro e fuori dal carcere». Aveva confermato di aver avuto contatti con la sorella di uno dei detenuti ma solo perché lei avrebbe voluto che il fratello venisse ammesso al livello di studio superiore. Richiesta che l’insegnante non avrebbe accolto. E sarebbe stata proprio la donna a fare il nome di Pirisi durante le indagini. «Voi giudici – aveva evidenziato sempre l’avvocato Elias Vacca – avete il difficile compito di mettere sul piatto della bilancia da una parte le dichiarazioni rese dal mio assistito, corroborate da testimoni che hanno detto chiaramente che altre persone avevano molte più possibilità di lui di introdurre un telefonino in carcere, e dall’altra quelle di un detenuto e di sua sorella che hanno puntato il dito contro Pirisi per vendetta».

Argomenti che sono sicuramente serviti a ridurre la condanna chiesta dalla pm Lara Senatore: la pena inflitta dal collegio giudicante è infatti dimezzata.


 

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