Dal carcere agli archivi del Parco dell’Asinara per regalarsi una nuova possibilità
I detenuti di Bancali impegnati nella digitalizzazione del patrimonio archivistico dell’area protetta
Porto Torres Continua la collaborazione tra la Casa circondariale di Bancali e il Parco nazionale dell’Asinara, attraverso l’attività legata agli studi archivistici del carcere dell’isola. Ormai è quasi completato il riordino e la digitalizzazione dei fascicoli personali dei detenuti, mentre si sta portando a compimento anche lo studio dei registri. Il lavoro è nato dall’esigenza di raccontare la storia recente del Parco attraverso il recupero di registri, fascicoli, carte, fotografie, testimonianze orali ed utensili di vita quotidiana.
Oltre a censimento, schedatura e riordino delle carte, prendeva forma anche l’idea di realizzare un Osservatorio sul periodo di attività della colonia, con l’obiettivo di allestire le vecchie camerate e le celle di isolamento e punizione. La collaborazione tra gli Enti è molto proficua anche con l’archivio di Stato, che ha l’esigenza di mettere in sicurezza dei documenti preziosi che si trovavano in condizioni di conservazione precaria.
L’aspetto più innovativo dell’iniziativa è stato il coinvolgimento dei detenuti nel recupero del materiale. Le carte liberate dall’oblio diventano così metafora di un passato che si apre al presente e possono essere importanti elementi per una conoscenza più approfondita dell’intero mondo carcerario. Durante il lavoro sono state selezionate migliaia di descrizioni di luoghi e storie, testimonianze, lettere e pensieri di reclusi provenienti da ogni parte d’Italia.
Un ricchissimo caleidoscopio di vite umane, località e curiosi aneddoti, affiorato dai numerosi fascicoli personali custoditi negli archivi. In carcere le diverse anime della società civile si incontrano, si contaminano, provano a convivere.
Nella stessa camerata si possono trovare l’analfabeta, il professore, lo scrittore, l’eroe militare, lo stalker, l’assassino. Storie diverse, di vite dimenticate, di soprusi, di violenze, di emarginazione, di errori giudiziari. Parallelamente, nel progetto si sono alternati una quarantina di detenuti con le loro storie di vita personale e voglia di riscatto.
La storia di Ylli Proprio la scorsa settimana uno dei detenuti, Ylli Ndoj, di origini albanesi, residente in Italia dal 1994, ha completato la sua partecipazione al progetto che durava dal 2017 e oggi si trova in libertà condizionale, in attesa di rientrare nella sua famiglia di origine. La storia di Ylli inizia dall’età di 14 anni, quando era tra i più bravi della scuola e tutti pensavano che sarebbe diventato un dottore o un avvocato. Invece, complice il cambio politico dell’Albania e lo scoppio della guerra civile nel 1991, lo costrinsero a lasciare il suo Paese e arrivare clandestinamente in Italia. Dove venne inserito in alcune attività illecite e iniziò ad essere accusato di reati, in una gradualità crescente sino ad una condanna di 30 anni nel 2005.
«Da quando sono stato trasferito a Bancali – racconta Ylli – ho impegnato le mie giornate con la lettura, lo studio e i primi lavori grazie all’area educativa che mi ha dato fiducia. Dal 2017 ho iniziato il progetto legato all’Asinara, prima all’interno del carcere e poi, grazie ai benefici dell’articolo 21 della semilibertà, ho potuto lavorare negli uffici del Parco a Porto Torres. Oggi finalmente, grazie anche a questo lavoro e al mio impegno, a tutte le persone che durante questi anni mi sono state vicine e mi hanno incoraggiato, dall’area educativa del carcere di Bancali al personale del Parco, mi è stata concessa la libertà».