La Nuova Sardegna

Sassari

Il processo

Botte alla compagna con la bimba in braccio, chiesti 4 anni di carcere

Botte alla compagna con la bimba in braccio, chiesti 4 anni di carcere

Il pubblico ministero: «Calci e pugni alla donna costretta a coprire i lividi con il fondotinta». La difesa: «Due verità agli antipodi»

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Sassari Quattro anni di reclusione è stata ieri mattina la richiesta di condanna del pubblico ministero Maria Paola Asara nei confronti di un 26enne a giudizio per maltrattamenti e lesioni ai danni della compagna e della bambina che avevano avuto insieme.

Aggressioni fisiche e verbali che sarebbero avvenute anche davanti alla piccola. Una bimba di pochi mesi che, in braccio alla madre o nella culla, più volte avrebbe pianto percependo quel clima di violenza. «Per nascondere i lividi usavo il fondotinta – aveva raccontato in aula la persona offesa, una 25enne – Mi truccavo per non far vedere i segni sul viso che lui mi lasciava quando si accaniva colpendomi con calci e pugni, a volte morsi».

Il 26enne sassarese (difeso dall’avvocato Luca Sciaccaluga) è stato anche sottoposto alla misura cautelare dell’allontanamento familiare e al divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. La donna avrebbe subìto violenze e soprusi per quasi due anni, poi ad agosto del 2023 si era rivolta alle forze dell’ordine.

Le violenze sarebbero nate per motivi di gelosia. «Non potevo più vedere le mie amiche e i miei amici – aveva confermato in aula la giovane, parte civile con l’avvocato Gavinuccia Arca – e ogni volta che uscivo di casa, anche per andare a lavoro, lui mi controllava il telefono e mi aggrediva». Aggressioni che non si erano interrotte neanche dopo la nascita della loro figlia. «Sei una madre di m..., sei una falsa, non vali niente – avrebbe detto in più di un’occasione l’imputato – Non fai niente per la bambina, ti ammazzo, spero che tu muoia». Ma anche «screditare la persona offesa come madre – ha sottolineato ieri la pm Asara – è una forma di maltrattamento».

Durante una delle tante sfuriate il 26enne le avrebbe sferrato un pugno al viso sbattendola poi ripetutamente al muro: la giovane aveva riportato un trauma cranio-facciale e la frattura del quarto e quinto metacarpo, lesioni che erano state giudicate guaribili in trenta giorni. Dopo quest’ultimo episodio lei aveva trovato il coraggio di rivolgersi ai carabinieri e al centro antiviolenza di Alghero.

«Aveva il terrore di lui» ha evidenziato l’avvocato Arca che ha chiesto un risarcimento di 10mila euro per danni morali e biologici.

«Manca una prova granitica – ha invece sostenuto il difensore Sciaccaluga – Si fronteggiano due verità agli antipodi. Ma ce n’è una terza, quella dei vicini di casa che hanno raccontato di una coppia che litigava spesso, gridavano tutti e due e si minacciavano vicendevolmente». Da qui la richiesta di assoluzione per il suo assistito.

Il processo è stato aggiornato al 10 luglio per repliche e sentenza.

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