La Nuova Sardegna

Sassari

Il processo

Video hard col volto di Giorgia Meloni, la polizia postale in aula a Sassari

di Nadia Cossu
Video hard col volto di Giorgia Meloni, la polizia postale in aula a Sassari

Un 42enne avrebbe manipolato graficamente filmati porno e diffamato la premier

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Sassari Sono gli ultimi testimoni della parte civile quelli sentiti oggi martedì 23 settembre in aula nel processo per diffamazione aggravata che vede imputato il 42enne sassarese Alessio Scurosu. Ossia la persona che nel 2020 avrebbe realizzato e fatto circolare in rete fotomontaggi che ritraevano corpi di attrici porno con il volto della premier Giorgia Meloni, all’epoca parlamentare.

Gli inquirenti si erano da subito convinti che fosse stato Scurosu (difeso dall’avvocato Maurizio Serra) – in virtù della sua competenza come grafico informatico – a modificare i filmati utilizzando dei software specifici per la manipolazione grafica, apponendo il volto dell’attuale presidente del Consiglio sui corpi delle attrici hard.

I testi sentiti oggi davanti al giudice Monia Adami sono due agenti della polizia postale che all’epoca, su incarico della Procura, sequestrarono i telefonini di Alessio Scurosu e di suo padre Roberto. La posizione di quest’ultimo è stata stralciata perché l’anno scorso aveva chiesto e ottenuto dal giudice di accedere alla messa alla prova.

«Seppi a giugno del 2020 dell’esistenza in rete di video e foto che ritraevano donne che avevano il mio volto intente in atti sessuali – aveva detto la Meloni, assistita dall’avvocato Maria Giulia Marongiu, rispondendo alle domande della pm Maria Paola Asara in collegamento video da Palazzo Chigi – Video manipolati per far credere che fossi io a fare sesso. All’epoca ero parlamentare e fui informata dal mio social media manager».

Giorgia Meloni aveva anche spiegato le ragioni che l’hanno spinta a costituirsi parte civile e a chiedere attraverso il suo legale un risarcimento simbolico di 100mila euro: «Chi come me lavora ogni giorno per combattere la violenza contro le donne, come può non assumersi la responsabilità di condannare simili comportamenti?».

«Mi sono costituita parte civile – aveva aggiunto – perché lavoro ogni giorno contro i soprusi sulle donne e ho una responsabilità in questo senso. Quella nei miei confronti è stata una forma di violenza, non voglio lasciar perdere perché non deve passare il messaggio che chiunque, un domani, possa sentirsi libero di agire allo stesso modo nei confronti di altre donne».

Il processo è stato aggiornato al 18 novembre per la discussione delle parti.

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