Omicidio Mario Sedda, la mamma di Emanuele indagato e in carcere: «Mio figlio non è un assassino, deve tornare a casa» – VIDEO
Porto Torres, Vittoria Nieddu parla delle minacce quotidiane e del supertestimone che accusa il ventenne: «Era il suo migliore amico, dica la verità»
Sassari «Mio figlio è innocente, sta per diventare padre di una bambina e in passato può anche aver commesso qualche fesseria, ma Emanuele non è un assassino, deve tornare a casa. Da quattro mesi ci hanno tolto la vita, quello che stiamo vivendo non lo auguro a nessuno». Vittoria Nieddu - la madre di Emanuele Sircana, oggi ventenne, indagato per l’omicidio di Mario Sedda, il poeta di strada ucciso a Porto Torres nel 2021, seduta nello studio dell’avvocata Alessandra Delrio - scandisce le parole con attenzione e mentre parla sfoglia la galleria delle immagini sul suo smartphone, mostrando le foto di suo figlio, insieme a quello che fino a quattro mesi fa era il suo migliore amico. Oggi il supertestimone che ha raccontato ai carabinieri che Emanuele, che all’epoca aveva 16 anni, gli confessò il delitto e mostrò il corpo di Sedda in mezzo a un cespuglio all’ingresso di Porto Torres.
Seduta su una poltrona, le mani intrecciate, lo sguardo fisso nel vuoto, Vittoria racconta la sua vita prima e dopo il 4 giugno di quest’anno, quando Emanuele è stato arrestato e rinchiuso nel carcere minorile di Quartucciu. «Lui e il ragazzo che ora lo accusa – spiega la donna – uscivano sempre insieme, andavano al mare, portavano il cane in spiaggia – prosegue Vittoria, questa volta mostrando un video dei due ragazzi al mare – il suo amico veniva a cenava a casa nostra, mangiava gli spaghetti con le vongole che gli preparavo io. Ora dice di aver paura di noi – spiega – ma se uno ha paura di noi, non viene a casa mia, non frequenta mio figlio, non si trasferisce a vivere accanto a noi, come aveva fatto. E soprattutto, non mi guarda le storie sui social come fanno lui e sua madre tutti i giorni».
Il supertestimone aveva riferito agli inquirenti di aver ricevuto da Emanuele il giorno dopo l’omicidio una foto in cui l’amico gli mostrava di essersi tagliato e di aver combinato un casino. Poi lo avrebbe portato a vedere il cadavere. «Ma è impossibile – spiega Vittoria Nieddu con la voce rotta dall’emozione – il corpo era nascosto a 50-60 metri dietro i cespugli. Io sono andata personalmente sul posto, con il telefonino, abbiamo fatto tutto il percorso e posso dire che non avrebbe potuto vedere nulla. È una menzogna».
I prossimi giorni su richiesta della Procura dei minori verrà fissato un incidente probatorio, per acquisire con tutte le garanzie previste dalla legge la testimonianza del supertestimone che si sente intimorito dai familiari di Sircana. «Ma siamo noi ad avere paura – dice la donna – le minacce arrivano quasi ogni giorno, di persona, brutali: “Devi fare la stessa fine di Mario” mi dicono. Ho dovuto installare videocamere dentro casa, videocitofoni, chiudere sempre il cancello a chiave e ho sempre qualcuno con me. Spero che dall’incidente probatorio venga fuori finalmente la verità – prosegue – ed Emanuele torni a casa prima che nasca sua figlia. In carcere qualche giorno fa – conclude – ha salvato un ragazzo che un gruppo di detenuti aveva aggredito con delle lamette, non credo che un assassino farebbe una cosa del genere».
Per la donna il figlio è un perseguitato. «Anche per la questione della rapina alla Arco – spiega Vittoria – lui non c’entrava niente, quella sera era a casa con me». Il processo aveva in realtà dimostrato che Emanuele aveva partecipato al colpo e puntato la pistola contro il corriere della ditta di spedizioni di Predda Niedda. Per quella vicenda è stato condannato e ha già scontato la pena. «L’incidente probatorio richiesto dalla Procura – spiega il legale della famiglia l’avvocato Alessandra Delrio – sarà fondamentale per chiarire le reali posizioni della presunta persona informata sui fatti, le cui dichiarazioni ci appaiono poco attendibili. Rigettiamo con fermezza qualsiasi accusa nei confronti di Emanuele - aggiunge il legale – che in questi giorni sta osservando lo sciopero della fame per ribadire la propria innocenza. Riteniamo, inoltre, che tutte le operazioni investigative svolte dal primo momento ad oggi, dagli accertamenti tecnici alle indagini successive, siano state caratterizzate da una scarsa scientificità.
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