La Nuova Sardegna

Sassari

Il reportage

A Sassari interventi, controlli e solidarietà: una notte in auto con i carabinieri

di Luca Fiori
A Sassari interventi, controlli e solidarietà: una notte in auto con i carabinieri

«Quando portiamo qualcuno al sicuro sentiamo il senso del nostro ruolo»

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Sassari Sono quasi le 2.15 del mattino, è già sabato, ma tra viale Trieste e via Principessa Iolanda qualcuno deve fare i conti con un venerdì sera sopra le righe. È un uomo sulla cinquantina, sassarese, ha esagerato con l’alcol e ora non si regge in piedi. La notte di Sassari si ferma per un attimo sulla figura di una persona in difficoltà, seduta a terra, la testa china, una lente degli occhiali persa sull’asfalto, la montatura storta. 
La Croce Rossa ha chiesto il supporto dei carabinieri perché l’uomo rifiuta l’ospedale: vuole solo tornare a casa, «non è collaborativo» si dice in questi casi. La sua voce si spezza in un nome: «Kayla, dov’è Kayla?». Il cuore della notte batte forte accanto alla “Gazzella” della Radiomobile, mentre i carabinieri lo circondano con cura, quasi con delicatezza. «Prima troviamo Kayla», dice il brigadiere Fabio Sassu chinandosi accanto a lui, e i militari si muovono come attori di un gesto semplice e straordinario: riportare a casa un uomo e il suo piccolo mondo. Tra auto, cassonetti e luci blu dei lampeggianti, l’appuntato scelto Massimo Busa annuisce, Sassu individua un movimento tra le ombre e urla quasi sottovoce: «Eccola». Kayla scodinzola, piccola e viva, e il suo padrone trema, sorride, dentro l’ambulanza, mentre i soccorritori del 118 gli misurano la pressione e provano invano a convincerlo a fare un passaggio al pronto soccorso. Piras lo solleva insieme al brigadiere Giampiero Calderino - e passo passo - come si fa con un amico in difficoltà, lo conducono verso il letto. Kayla davanti, la strada che ritorna calma, la porta che si chiude. Forse oggi gli sembrerà di averlo sognato, quando smaltirà la sbronza e penserà a quegli uomini in divisa che nel cuore della notte gli hanno tenuto una mano sulla spalla fino a casa. In quell’istante tutto il senso della nottata, ogni chilometro percorso, ogni lampo blu dei lampeggianti, trova il suo significato. «Ogni volta che riportiamo qualcuno al sicuro», dice il maggiore Antonio Odoroso comandante della compagnia di Sassari, 35 anni, campano, «sentiamo il senso del nostro ruolo: presenza, vicinanza, protezione».
La notte inizia nel suo ufficio - al primo piano del comando provinciale - all’ora di cena. Tazza di caffè fumante sul tavolo, radiolina accesa, stanotte ha il compito di proteggermi durante la lunga notte sul sedile posteriore della Radiomobile e di raccontarmi come operano i suoi uomini. Il briefing è rapido, preciso: numeri, settori, priorità. «Stasera il nostro lavoro non è solo intervenire», dice Odoroso. «È dare sicurezza, far sentire ai cittadini che qualcuno veglia su di loro». Pochi minuti di parole e numeri, poi stivali, giubbotto, cinture, radio: si parte. Sono le 21.30 quando la gazzella lascia la caserma di via Rockefeller. A bordo, i carabinieri conoscono ogni strada come un copione: l’appuntato scelto Raimondo Piras, occhi attenti, 27 anni di esperienza, il brigadiere capo Fabio Giannoni, sorriso pronto e rassicurante, Massimo Busa, appuntato scelto, calma assoluta e fisico da portatore del candeliere dei Muratori, e il brigadiere Fabio Sassu, lo sguardo di chi conosce la strada. Per una sera posso osservare, da cronista, il loro lavoro da vicino, posso apprezzare da dietro le quinte la loro sintonia, l’amore per la divisa che indossano. «Cerchiamo di mantenere tutto sotto controllo», dice Piras. «A volte – aggiunge Giannoni – è la notte che decide per noi, ma questa è la nostra vita, la nostra passione. Per lavorare nella Radiomobile, per stare in mezzo alla strada devi amare profondamente questo lavoro». Sono quasi le 22.30 quando i vigili del fuoco richiedono assistenza in via Miriam Riccio, a Sant’Orsola, per una Fiat Punto in fiamme. Arriviamo, il fumo sale tra i palazzi, le fiamme sono già spente, la gente si affaccia dalle finestre e scende in strada. «Basta poco per ridare serenità a un quartiere», commenta il maggiore Odoroso, mentre risaliamo in auto, il rombo del motore che rompe il silenzio della notte.
Sassari sonnecchia, verso mezzanotte, siamo a Monte Rosello, via Pietro Micca. La centrale operativa ci comunica via radio che una donna ha chiamato il 112 perché non riesce a dormire, sente rumore nel giardino sotto casa. Un gruppetto di ragazzi viene controllato, documenti verificati, un richiamo educato, la quiete ritorna. «Conta più una parola detta bene che mille urla, non siamo solo carabinieri, ma anche padri di famiglia e siamo stati ragazzi», commenta Piras.
Il nostro viaggio prosegue. Via Roma brulica di giovani davanti ai locali, risate e musica si mescolano al bagliore delle insegne. La “Gazzella” sfreccia tra le vie laterali del Monte Rosello, il motore romba, i lampeggianti blu tagliano l’oscurità, danno sicurezza a chi torna a casa e incutono timore a chi ha qualcosa da nascondere. Latte Dolce è quasi un deserto, solo qualche avventore davanti ai circoli, i passi della gazzella risuonano sull’asfalto. «Il lampeggiante non è solo un segnale», dice Odoroso, «è un simbolo di presenza. Chi chiede aiuto deve sapere che non è solo». 
Durante la notte, mentre le pattuglie della sezione radiomobile percorrono la città, il capitano Antonio Onida, comandante del Nucleo Operativo e Radiomobile, coordina altre attività investigative in borghese, mantenendo contatti costanti con le pattuglie e coadiuvando alcuni interventi più delicati. La sua presenza invisibile, tra telefoni, radio e osservazioni silenziose, garantisce che ogni movimento nella città sia monitorato, integrando la routine notturna con l’azione investigativa, svolta con gli uomini più esperti che da anni frequentano le piazze della città per garantire legalità anche in quei quartieri più difficili. Sono quasi le due del mattino quando ci fermiamo per un posto di controllo in via Pirandello, motore che rimbomba sull’asfalto lucido, fari che illuminano volti e passi silenziosi. Poi arriva la chiamata per viale Trieste. Riaccompagnati a casa Kayla e il suo padrone in difficoltà, proseguiamo il viaggio nella notte sassarese. Sono quasi le 3.15 quando ci spostiamo in via Mercato, una lite tra uomo e donna per un sacchetto della spesa. Le voci si alzano, gesti agitati, ma i carabinieri riportano tutto a un livello umano, dividono parole dai gesti, calmano, ascoltano. A pochi metri, un gruppo di ultras della Torres prepara uno striscione per la partita col Perugia, bombolette spray che sussurrano nel buio. «Notte tranquilla», dice Busa guardando un gruppetto di ragazzini che si saluta in viale Umberto prima di rincasare. «Sono quasi le 3.45 quando facciamo una breve pausa al Bar 188, Predda Niedda. Tra un intervento e l’altro, il locale diventa rifugio sicuro per chi non dorme: profumo di caffè caldo, clienti insonni, chiacchiere sottovoce dei carabinieri. «Qui trovi il tempo per respirare e prepararti al prossimo giro», spiegano Busa, mentre fuori la notte continua a muoversi tra vie deserte e circoli che chiudono. Il motore della gazzella riparte, il rombo riempie le strade, gli stivali battono sull’asfalto, le luci blu tagliano il buio come riflettori. Dentro ci sono uomini innamorati della divisa che hanno scelto, pronti a un lavoro che può restare silenzioso per ore e trasformarsi, all’improvviso, in un appuntamento con il rischio e con la morte. Ma la notte, finché dura, appartiene a loro. Poi spunta la luce, arriva la mattina e inizia un altro turno.

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