Cantiniere morì alle Tenute Delogu, condannato il titolare dell’azienda
L’operaio Paride Meloni era deceduto dopo aver respirato i gas di fermentazione del mosto
Sassari La corte di Cassazione ha confermato la condanna a un anno di reclusione per Piero Delogu, titolare delle omonime “Tenute” sulla strada per Alghero, imputato di omicidio colposo in seguito alla morte di un suo dipendente, Paride Meloni, avvenuta nel 2017.
Era stata la stessa Suprema corte, a luglio del 2023, a stabilire che il processo nei confronti di Delogu, assolto in primo grado, fosse da rifare davanti alla corte d’appello di Sassari. E a dicembre del 2024 i giudici avevano ribaltato la sentenza di assoluzione e condannato Delogu a un anno di reclusione (con la sospensione condizionale della pena). Ora la Cassazione ha confermato quel verdetto di secondo grado e la condanna dell’imprenditore è diventata definitiva.
L’agrotecnico sassarese Paride Meloni, di 46 anni, dipendente da più di vent’anni delle Tenute di proprietà dell’imputato, era deceduto a settembre del 2017 dopo aver respirato i gas di fermentazione del mosto messo a riposare in uno dei silos dell’azienda. Appena si era affacciato una vampata lo aveva investito e non era riuscito a riprendersi. I colleghi lo avevano cercato a lungo, chiamandolo anche al cellulare, ma il telefono aveva squillato a vuoto. Poi un operaio lo aveva trovato senza vita.
Nel processo di primo grado, il pubblico ministero Angelo Beccu nella sua requisitoria aveva riconosciuto che «Paride Meloni non avrebbe dovuto avventurarsi senza precauzioni attraverso quel chiusino». Un’imprudenza «che gli era costata la vita». Lo stesso pm, però, individuando nell’azienda vinicola una parte di responsabilità – e in particolare in chi ne era titolare – aveva chiesto una condanna al minimo della pena per Piero Delogu (un anno e 4 mesi, con la sospensione condizionale ndc).
Di diverso avviso era stato l’avvocato difensore Nicola Lucchi secondo il quale salire sul tetto dei silos era stato un gesto «di negligenza assoluta da parte del lavoratore» e aveva concluso per «una tragedia imprevedibile e imprevista». Il giudice aveva assolto il datore di lavoro e il pm Beccu aveva proposto ricorso direttamente contro la sentenza di primo grado, evidenziando motivi di diritto. I giudici di Roma avevano annullato il verdetto impugnato accogliendo sostanzialmente i due motivi di ricorso, ossia che la morte del lavoratore non fosse ascrivibile soltanto a una sua colpa esclusiva, né che quella tragedia fosse imprevedibile (come sosteneva la difesa). E, altro aspetto, avevano tenuto conto del fatto che – come evidenziato dal pubblico ministero – la vittima stesse eseguendo lavori in quota, con tutto ciò che avrebbe dovuto seguirne in termini di regole di sicurezza.
La corte d’appello a dicembre dello scorso anno aveva riscritto il verdetto, ribaltando quello di primo grado. E ora la Cassazione, nonostante avesse ritenuto ammissibili i motivi proposti nel ricorso dai difensori di Delogu, gli avvocati Lucchi e Pantaleo Mercurio, ha confermato definitivamente la condanna a un anno.
