La Nuova Sardegna

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«Voglio un Cagliari divertente»

di Roberto Muretto
«Voglio un Cagliari divertente»

Giulini a tutto campo, dallo stadio a Riva. «Cellino? Anche lui avrebbe cambiato tanto»

24 luglio 2014
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INVIATO A SAPPADA. All'appuntamento per l'intervista si presenta con una felpa griffata Cagliari, in grande. Tommaso Giulini ha appena pranzato con Damiano Tommasi, presidente dell'Assocalciatori. Il presidente rossoblù è in gran forma, sorridente, ha voglia di parlare di calcio. Si apre, racconta particolari inediti, esprime concetti chiari, dimostra di avere entusiasmo e conferma di essere innamorato del pallone senza dimenticare che nonostante ormai sia un business, resta sempre un gioco. Il più bello del mondo.

Da dove nasce la sua passione per il calcio?

«Giocavo all'oratorio. A 13 anni ero nelle giovanili del Milan, ho fatto la trafila nei campionati dilettantistici, dalla Seconda alla Promozione sempre da portiere, un ruolo che ancora oggi mi affascina. Nel 1995 la mia famiglia è stata coinvolta da Massimo Moratti nel progetto Inter, mio padre aveva il 12% delle azioni. Successivamente sono entrato nel cda nerazzurro ed è stata un' esperienza che mi ha insegnato tanto».

E' vero che da studente universitario diceva che prima o poi sarebbe diventato presidente del Cagliari?

«Nella mia famiglia, dopo l'Inter, quella rossoblù è sempre stata la seconda squadra. Noi lavoriamo nell'isola dal 1950 e siamo molto legati al territorio. Ventidue anni fa, quando Cellino acquistò il Cagliari dagli Orrù, in corsa c'era anche mio fratello Paolo.

Il sogno si è realizzato.

«Sì. La mia passione per questa squadra è legata anche al lavoro. Diciamo che un po' mi sento sardo anch'io. Lo dico sinceramente, i sardi sono persone splendide».

Come è stato trattare con Massimo Cellino?

«Una partita a poker durata cinque mesi. Ci siamo scritti decine di sms e incontrati solo due volte, una a Cagliari, l'altra a Leeds. Sono state riunioni durate tantissime ore».

Vi sentite ancora?

«Qualche volta. Lui non condivide tutte le scelte che ho fatto, io lo ascolto e faccio tesoro dei consigli, poi decido sempre con la mia testa senza farmi condizionare. Se fosse rimasto presidente, anche lui avrebbe cambiato buona parte della rosa».

Ha mai pensato di comprare un club all'estero?

«No. Però non lo escludo, potrebbe essere un passo successivo. Soprattutto se in Italia non decolla il progetto delle seconde squadre dove far maturare i giovani. Dobbiamo impegnarci perché questa idea si concretizzi nel giro di qualche anno».

Gigi Riva presidente onorario del Cagliari. A quando l'investitura?

«Fosse per me anche domani. Ma lui non ha più voglia di prendere certi impegni. Ogni tanto ci sentiamo, mi ha raccontato che i tifosi lo fermano per strada e lo chiamano presidente. Proverò a convincerlo ma non sarà facile. Se Gigi avesse 10 anni di meno lo candiderei alla presidenza della Figc. C’è bisogno di uno col suo carisma e la sua competenza».

Una società di calcio si gestisce come un'azienda?

«Bisogna sempre far quadrare i conti. Questo concetto Cellino me lo ha ripetuto centinaia di volte. Parole che confermano quando Massimo volesse bene al Cagliari. Resterà sempre un nostro tifoso».

Zeman lo ha scelto perché…

«E' l'allenatore più indicato per il nostro progetto. Se uno decide di investire nel calcio vuole anche divertirsi. Le squadre che ha allenato hanno sempre espresso un bel gioco. Ma l'ho scelto anche per la personalità, perché è uno studioso del pallone e tutte le attenzioni sono su di lui. Così io posso studiare senza pressioni, imparare e conoscere ancora meglio la nuova realtà».

Il suo hobby preferito?

«Il golf, lo stesso di Zeman. Qui a Sappada sia io che lui abbiamo già giocato ma non insieme. Prima o poi capiterà».

Come sceglie i suoi collaboratori?

«E' fondamentale l'attaccamento all'azienda e la passione. Bisogna essere felici del lavoro che si svolge, fare gruppo, sentirsi parte attiva della famiglia. Se ci sono questi presupposti, lavorare non è fatica ma un piacere».

Di cosa ha bisogno il calcio italiano per ripartire?

«Di una legge chiara sugli stadi e di una tassazione diversa per tornare ad essere competitivo».

Il suo sogno nel cassetto?

«Far divertire i tifosi e riportarli nel loro stadio. E' il minimo, dopo le vicissitudini degli ultimi anni».

Parliamo di Massimo Moratti. Lo sente, le ha dato qualche consiglio?

«Mi è stato vicino. Mi ha insegnato a distinguere tra le cose importanti e quelle di cui devo diffidare. E poi lui è innamorato di Zeman. Quando l'ho preso era felicissimo e ha promesso che qualche volta verrà a vedere le nostre partite. Lo aspetto a braccia aperte».

Lei ha detto voglio un Cagliari stile Inter.

«E' importante l'immagine, l'educazione e il rispetto in campo e fuori. Non tollero stravaganze da parte di nessuno dei miei collaboratori e dipendenti. La nostra sarà una struttura più snella rispetto a quella nerazzurra ma sono certo che funzionerà benissimo. Siamo chiamati a regalare delle soddisfazioni ai sardi che soffrono per la crisi e hanno tanto bisogno di cose positive. Il Cagliari dovrà essere una di queste. Dall’Inter poi ho preso anche un amico: è Stefano Filucchi, che da oggi è il vicepresidente del Cagliari».

Lei è stato nell'Inter del triplete. Ci racconta un aneddotto su Mourinho?

«Ne ho due. Il primo quando ancora non era l'allenatore dell'Inter. Ha trascorso le vacanze a Milano andando a vedere il campo di allenamento per verificare se c'erano delle cose da cambiare. E ogni giorno andava a visitare Chivu che aveva subito un'operazione ai legamenti. Il secondo? La sera prima della finale di Champions ha costruito a tavolino il gol di Milito, descrivendo come si sarebbe svolta l'azione. E' andata proprio così. Ecco perché i suoi calciatori non si risparmiano. Estremizzando, in campo sono pronti anche a morire per lui».

Toniamo al Cagliari e al mercato. Cosa manca?

«Seguiamo tanti giocatori e alcuni potrebbero arrivare. Nomi non ne faccio e nemmeno ruoli, dico solo che abbiamo ancora delle cose da fare».

Lo sa che rinnovandogli il contratto ha fatto di Cossu l'uomo più felice del mondo?

«E' lui che sta facendo felice me. Si è messo a disposizione e nello spogliatoio ha un ruolo importante. Mi viene da dire che è il migliore acquisto che ho fatto finora, ma forse ne ho fatto anche un altro: ieri notte Davide Astori ha firmato con noi un contratto tirennale. Questo non vuol dire che Davide resterà ma di sicuro non passerà alla Lazio. Abbiamo chiesto al presidente della Lazio Lotito 7 milioni e lui ha rifiutato, a questo punto tratteremo con altri; le richieste non mancano ».

Completiamo l'equazione: Conti sta al Cagliari come…

«Maldini al Milan».

Tavecchio o Albertini per la presidente della Figc?

«I nomi mi interessano poco. Conta il programma e solo dopo aver letto le due proposte deciderò».

E' utopia pensare a uno stadio a 16.000 posti per l'inizio del campionato?

«Sì. Ora c'è l'ok per 12.000. Il mio sogno è avere a Natale un impianto che possa ospitare 18.000 spettatori, guadagnando spazi nei vari settori. Ci stiamo lavorando, vedremo ».

Lei vuole recuperare il rapporto con i tifosi. Come?

«Facendoli sentire protagonisti. Sono importanti, fanno parte integrante del nostro progetto».

Chiudiamo con una promessa a chi ama il Cagliari?

«Vorrei far divertire i tifosi e regalargli un impianto all'avanguardia. L'obiettivo è di disputare nel 2020, anno del centenario, un campionato di vertice. E' una bella sfida, proverò in tutti i modi a vincerla».

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