Nadal si arrende all’afa di Miami Finita la sua era?
Lo spagnolo: «Troppo caldo, ho avuto paura» Dopo il forfait di Federer, Djokovic è il favorito
ROMA. Miami val bene il biglietto. In tutti i casi, no? Che sia quello del tennis, oppure quello di un volo per vivere semplicemente un po’ di Florida. Ad ogni modo fino a domenica prossima il mondo della racchetta la fa da protagonista, e lo spettacolo vale il prezzo del ticket. Anche con gli assenti. Federer che ha saltato per un virus è stato una bella jella, per gli organizzatori americani, e forse Roma ora può sorridere: il grande svizzero ha saltato già due Master 1000, ed ora sarà “costretto” a giocare i restanti, Foro Italico compreso che aveva inizialmente escluso dalla sua pianificazione 2016 (con grande delusione dei fan italiani). Ma per questo argomento c’è ancora del tempo.
In realtà i primi turni di Miami hanno decisamente spostato il dibattito dal gossip (tendenza classica fino ai sedicesimi) ad argomenti più tecnici e, per dirla tutta senza giri di parole, si parla di una sola persona: Rafa Nadal. Esattamente: in attesa di trovare il vincitore dell’odierna edizione (Djokovic?), i presunti esperti della racchetta hanno individuato il Perdente, nientedimeno che lo spagnolo, a giugno prossimo trentenne. La sua uscita di scena per ritiro durante il match contro Dzhumur, e la susseguente frase «troppo caldo, questo sport è troppo fisico» ha lasciato interdetto più d’uno. Lasciando senza parole gli astanti, che non sapevano se ridere o piangere. Nadal che ritiene il tennis troppo fisico? Lui, che ha spostato l’asticella della fisicità oltre limiti ritenuti impossibili? Lui, che aveva fatto dell’intensità agonistica la priorità del suo gioco? Lui, che ora si ritira per motivi fisici e addirittura se ne lamenta?
È il mondo che si capovolge e resta sinceramente stupito. Per questo la sentenza è scattata unanime, soprattutto dai media americani (che non aspettano altro da tempo), ed effettivamente stavolta si può tranquillamente dire che il nove volte vincitore del Roland Garros ci ha messo del suo, per farsi “sparare” addosso dalla critica. Non vince più, semplicemente. In questo inizio di stagione ha ceduto a un onesto tennista della domenica come Pablo Cuevas a Rio de Janeiro, e ai talentuosi Fernando Verdasco agli Australian Open e Dominic Thiem a Buenos Aires. Tornei, quelli sudamericani, non di certo della massima rilevanza, in passato riserva di caccia (e di allenamento) del mancino di Manacor.
“Lacerato”. “Finito”. “Scioccante”. Questi, in sintesi, alcuni titoli e concetti dei media, che si interrogano su cosa stia accadendo al grande spagnolo rivale di Federer. Ecco, proprio riguardo a quest’ultimo, le preoccupazioni sono minime. Lo svizzero ha solo avuto un virus di stagione, che ha fatto seguito all’artroscopia del ginocchio. Ma sono malesseri superabili, e prevedibili. Esattamente il contrario di quello che invece accade nel clan dello spagnolo, che ha smarrito quella sua ferocia, quella sua cattiveria che intimoriva gli avversari ancor prima di entrare in campo, quell’aggressività che toglieva il respiro e dava ansia a chi non stava dalla sua parte.
Oggi Nadal perde a Rio de Janeiro e Buenos Aires, due tornei sulla terra rossa. Suona, perdonate il termine, come una bestemmia per il re della terra rossa. I cui colpi non incidono più, non fanno più male come qualche anno fa.
Eppure Nadal ha già vissuto queste crisi, e ne è venuto comunque fuori. A modo suo, sprezzante dei giudizi che sei-sette anni fa lo avevano dato al tramonto. All’epoca si chiuse nel suo fortino e, dopo i consigli di zio Toni, riprese a macinare i suoi allenamenti da marine, a bere acqua di mare per non soffrire i crampi, a farsi prendere staminali per ricucire schiena e ginocchio malandati.
Ma è passato altro tempo e ora, all’alba di questo 2016, la stagione sembra davvero finita. Certo, può ancora lasciare il segno in doppio (in coppia con Verdasco) contro i nostri Bolelli/Seppi, ma è solo un momento. I singolari sono altra cosa e, contro avversari che ormai lo conoscono e non lo tempo più, restano un rebus soprattutto ora, all’inizio della stagione sulla terra battuta. Montecarlo prima, e poi Barcellona-Roma fino a Parigi diranno se il paziente Nadal è risorto ancora una volta dalle sue ceneri o se stavolta è davvero arrivato il canto del cigno. Orgoglioso qual è, ha respinto al mittente ogni accusa e sentenza, ricordando come ne sia sempre venuto fuori, alla faccia dei gufi che lo avevano già seppellito. Per lui non ci sono pm che tengono, però c’è una insindacabile verità, ed è quella del campo, che dice sempre la verità.
E stavolta i risultati non sono dalla parte di Rafa. Per cui è meglio che si sbrighi a invertire la rotta, altrimenti il processo mediatico diventerà sempre più insopportabile. Anche per uno con il suo (invidiabile) fisico.
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