Una super Olbia spacca il Livorno
Gol di Miceli all’87’, vittoria meritata. Per i bianchi un palo e una traversa, Cossu magico
OLBIA. De’, il pareggio ci sta bene. Se lo dicono, quei ragazzotti del Livorno. Se lo dicono, sicuro. Si mettono tutti dietro la palla, lasciano solo uno di loro davanti. A loro sta bene, lo 0-0 che stanno tirando fuori al vecchio Nespoli, eccome se sta bene.
Hanno rischiato nel primo tempo, super parata del loro n.1 su punizione di Cossu (8’), erroraccio di Capello a due passi dalla porta (28’). Hanno avuto fortuna, gran fortuna, all’inizio della ripresa: traversa di Miceli (5’ st), palo di Cossu (9’ st). Se lo sentono, che le cose girano a loro favore. Se lo ripetono quasi sino alla fine. Sino agli ultimi respiri di una partita tutta tattica, tutta fatica, tutta nervi. Una di quelle che, con il pari, sarebbe stata bella e insperata per il Livorno, e brutta e deprimente per l’Olbia.
Invece è alla fine una di quelle in cui un gesto, un urlo, libera l’Olbia. Tre allo scadere. Angolo per i bianchi, arrembanti, mai domi. Calcia Cossu. La palla si alza, poi si abbassa, proprio al centro dell’area, proprio nel punto in cui Miceli fa a sportellate con il suo marcatore e mette la sua testa, con i capelli sempre ingelatati, nel punto giusto al momento giusto. Poi corre, braccio alzato come un gladiatore, e urla di gioia, perché lui scaccia i pensieri su alcuni errori commessi in altre partite, e perché l’Olbia fa sua una partita che può segnare una svolta. Psicologica. Se puoi battere il Livorno, un Livorno con alcune assenze pesanti ma con in campo giocatori di serie B, puoi battere tutti.
Lo può fare, l’Olbia, perché ha una difesa che si sta coordinando meglio; un centrocampo che è un lusso anche per la serie C, con giocatori come Piredda e Geroni che danno del tu al pallone come pochi, e un Cossu che, quando ha la palla, sembra un giocatore che davanti ha come avversari dei bambini, tale e tanta è la facilità con cui li salta e disorienta. Questa capacità di palleggio, spesso di prima, a volte con colpi di tacco, altre con i no look, poche squadre dimostrano di averla nel girone dei bianchi.
Solo l’attacco pecca ancora un po’. Capello sbaglia un gol davanti alla porta, tutto solo, e come sua discolpa si può solo dire che si ritrova il pallone, colpito da Geroni, all’ultimissimo momento. Kouko fa quello che sa fare: corre, apre spazi, rompe le scatole al Livorno, ma non tira, perché proprio non si crea neppure un’occasione per poterlo fare.
Una buona soluzione sarebbe Ragatzu. Atteso quasi come un messia capace di irrigare di giocate e gol il fronte d’attacco così sterile. Con il Livorno, per usare le parole di mister Mignani, teoricamente era titolare. Invece prudenza impone all’allenatore dei bianchi di fargli fare solo gli ultimi 30 minuti, non si sa mai che finisca troppo presto le energie dopo settimane passate a curare due infortuni.
Comunque un bel pezzo di partita, in cui dimostra di avere una grande voglia di fare, di correre, di spaccare le difese avversarie, di far sognare quei tifosi che, dopo Cossu, lo osannano, come decibel, più di tutti, insieme a Piredda. Perché Ragatzu ha la maglia numero 10, perché ha la tecnica giusta per far brillare gli occhi ai suoi fans, e perché il calcio è fatto di suggestioni.
I tifosi, wow. Se ne contano 1600, compreso il patron del Cagliari Giulini, ed è roba che non accadeva da anni. Anche questa è una vittoria, perché allo stadio li avrà portati anche il gusto della sfida con il Livorno, una nobile decaduta, ma anche perché è questa nuova Olbia che scalda il cuore. La serie C unica, categoria che mancava da 38 anni, piace e l’orgoglio per la maglia bianca a lungo nascosto, mai cancellato, sta ora prorompendo sotto varie forme.
Una di queste, i cori continuie nuovi degli ultrà della curva mare, o ex Innocenti, spinge l’Olbia come tutte le squadre vorrebbero. Perché nella ripresa, all’inizio come nel finale, quando il Livorno pensa, de’, è fatta, un punticino ce lo portiamo a casa, all’assalto dell’Olbia in campo fa da sottofondo, da spinta, da compagno di lotta (non nel senso livornese, eh) quello dei tifosi che sentono che il pareggio non è giusto, che è un’occasione che non può essere sprecata, che l’Olbia non può accontentarsi.
Lo sente, l’Olbia, questo sentimento. Ci prova e riprova, a penetrare quel muro amaranto, quel fortino in cui si chiude il Livorno. E ci riesce quando non sembra più possibile con la catapulta di Miceli, l’ariete che spezza le reni ai toscani e fa salire in alto i cuori dei bianchi.
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