Covid, l'allarme dalla serie D: «Così questo calcio non ha senso»
di Gianna Zazzara
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Roberto FresuIl presidente del Latte Dolce Sassari, Roberto Fresu: «Questo sport è passione ed emozione, che tristezza gli stadi vuoti»
30 ottobre 2020
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SASSARI. «Il calcio continua come se nulla fosse invece siamo di fronte a uno tsunami che sta per investirci con forza». Il presidente del Latte Dolce Roberto Fresu è fra i più convinti che in queste condizioni sia difficile andare avanti: «Così non ha senso».
Eppure la serie D ha appena deciso di continuare il campionato. Al referendum indetto dalla Lega nazionale dilettanti ha vinto il sì col 74% dei voti a favore: 126 squadre su 166. Lei come ha votato?
«Le squadre del Nord volevano proseguire e quindi ha vinto il sì, ma sono convinto che questo non sia più calcio. Il calcio è partecipazione, emozione, gli stadi vuoti mettono tristezza. E poi ogni volta che si scende in campo è una tortura perché i ragazzi temono di essere contagiati dal virus. Due giorni fa ha vinto il sì, è vero, ma non credo che si vada molto lontano, anche perché temo che la Federazione ci obbligherà a fare i tamponi così come prevede il protocollo dei professionisti. Per le società dilettantistiche si tratterebbe di un aggravio di costi insostenibile. Mica siamo la serie A!».
Domenica non giocate contro la Afragolese causa covid.
«Tra i giocatori campani ci sono diversi casi di positività. Non abbiamo giocato neanche domenica scorsa contro i laziali della Vis Artena, nel prossimo turno su 9 partite sei sono state rinviate, compresa la nostra. È difficile andare avanti in queste condizioni anche perché i giocatori cominciano a essere demotivati: fai una partita, poi ti fermi per 15 giorni, poi giochi di nuovo. E non c’è serenità nelle trasferte. Come può un giocatore essere tranquillo quando nel nostro girone ci sono 6 squadre campane col virus che dilaga in quella regione? Molti ragazzi sono padri di famiglia e dopo la gara hanno paura a tornare a casa, li capisco. È di ieri la notizia che nella Torres ci sono 5 casi sospetti e tutta la squadra del Lanusei è in quarantena dopo aver giocato, domenica scorsa, contro la Afragolese, la nostra prossima avversaria. E nella Nocerina, che dovremo incontrare il 7 novembre, ci sono 15 positivi tra squadra e staff».
La serie D dovrebbe fermarsi?
«Mi auguro di no, nessuno lo vuole, ma sono giorni difficili. Oggi comunque il problema non è il calcio, è la salute di tutti noi, è l’economia. Sono un imprenditore della ristorazione e so bene che ci attendono periodi complicati. Il calcio è gioia e divertimento ma in queste condizioni non lo è più».
Le difficoltà economiche iniziano a farsi sentire?
«È sempre più difficile trovare sponsorizzazioni e la chiusura degli stadi ci ha penalizzato ulteriormente».
Se il campionato si ferma, i giocatori chi li paga?
«I dilettanti vengono pagati a prestazione, in caso di stop mi auguro che il governo ci dia una mano. In ogni caso l’Associazione calciatori ha avuto sei mesi di tempo per far valere le sue istanze e pretendere la riforma della serie D. L’unico modo per avere maggiori tutele è che il campionato di serie D diventi semiprofessionistico».
Avete chiuso anche la scuola calcio.
«Certo, la salute dei bambini viene prima di tutto».
Eppure la serie D ha appena deciso di continuare il campionato. Al referendum indetto dalla Lega nazionale dilettanti ha vinto il sì col 74% dei voti a favore: 126 squadre su 166. Lei come ha votato?
«Le squadre del Nord volevano proseguire e quindi ha vinto il sì, ma sono convinto che questo non sia più calcio. Il calcio è partecipazione, emozione, gli stadi vuoti mettono tristezza. E poi ogni volta che si scende in campo è una tortura perché i ragazzi temono di essere contagiati dal virus. Due giorni fa ha vinto il sì, è vero, ma non credo che si vada molto lontano, anche perché temo che la Federazione ci obbligherà a fare i tamponi così come prevede il protocollo dei professionisti. Per le società dilettantistiche si tratterebbe di un aggravio di costi insostenibile. Mica siamo la serie A!».
Domenica non giocate contro la Afragolese causa covid.
«Tra i giocatori campani ci sono diversi casi di positività. Non abbiamo giocato neanche domenica scorsa contro i laziali della Vis Artena, nel prossimo turno su 9 partite sei sono state rinviate, compresa la nostra. È difficile andare avanti in queste condizioni anche perché i giocatori cominciano a essere demotivati: fai una partita, poi ti fermi per 15 giorni, poi giochi di nuovo. E non c’è serenità nelle trasferte. Come può un giocatore essere tranquillo quando nel nostro girone ci sono 6 squadre campane col virus che dilaga in quella regione? Molti ragazzi sono padri di famiglia e dopo la gara hanno paura a tornare a casa, li capisco. È di ieri la notizia che nella Torres ci sono 5 casi sospetti e tutta la squadra del Lanusei è in quarantena dopo aver giocato, domenica scorsa, contro la Afragolese, la nostra prossima avversaria. E nella Nocerina, che dovremo incontrare il 7 novembre, ci sono 15 positivi tra squadra e staff».
La serie D dovrebbe fermarsi?
«Mi auguro di no, nessuno lo vuole, ma sono giorni difficili. Oggi comunque il problema non è il calcio, è la salute di tutti noi, è l’economia. Sono un imprenditore della ristorazione e so bene che ci attendono periodi complicati. Il calcio è gioia e divertimento ma in queste condizioni non lo è più».
Le difficoltà economiche iniziano a farsi sentire?
«È sempre più difficile trovare sponsorizzazioni e la chiusura degli stadi ci ha penalizzato ulteriormente».
Se il campionato si ferma, i giocatori chi li paga?
«I dilettanti vengono pagati a prestazione, in caso di stop mi auguro che il governo ci dia una mano. In ogni caso l’Associazione calciatori ha avuto sei mesi di tempo per far valere le sue istanze e pretendere la riforma della serie D. L’unico modo per avere maggiori tutele è che il campionato di serie D diventi semiprofessionistico».
Avete chiuso anche la scuola calcio.
«Certo, la salute dei bambini viene prima di tutto».