Gianmarco Pozzecco: «Nella mia Euro-estate azzurra porterò con me tanta Sardegna»
Il ct azzurro parla a cuore aperto tra passato e futuro: «Sono quello che sono grazie ai ragazzi che ho allenato a Sassari»
Sassari «Anche ora che sono padre per davvero continuo a trattare i miei giocatori come fossero miei figli. Come è stato a Sassari con Marco, Achille, Jack, Massimino e tutti gli altri, così è oggi con la nazionale. Perché passano gli anni, cambiano le responsabilità, ma io son sempre lo stesso».
Schietto, allegro e loquace come sempre, facilissimo alla lacrimuccia e alla commozione, dalla sua casa di Formentera Gianmarco Pozzecco apre volentieri le porte per trasmettere i suoi pensieri nell’estate che porterà agli Europei. Con tanti temi sul tavolo e parole al miele per i suoi trascorsi sassaresi.
Cara Dinamo «Sono davvero felice per Massimo Bulleri, meritava questa chance – dice il commissario tecnico della nazionale –. E sono contento che sia arrivato Mauro Sartori. Sono professionisti che danno garanzie, ispirano fiducia. La squadra ancora non c’è, io alla Dinamo manco da un po’ ma mi pare che nell’ultimo periodo sia mancato un po’ di entusiasmo. Io a Sassari ho vissuto un periodo di entusiasmo trainante e coinvolgente, senza il quale non avremmo fatto ciò che abbiamo fatto. L’entusiasmo e la compattezza tra la società e la piazza da voi può fare la differenza e spero che la Dinamo riparta proprio da questo. Il primo obiettivo deve essere far crescere l’entusiasmo, tutto il resto arriva dopo. Io ho vissuto un periodo davvero incredibile, come anche Meo Sacchetti nella sua epoca, si era creato un binomio che si autoalimentava e che raramente ho visto altrove. Rappresentare una regione e un popolo così fiero della sua storia e del suo modo di essere è qualcosa di impagabile, ancora oggi quando ci penso mi commuovo. Quando incontro sardi in giro per il mondo il feeling scatta in automatico. Ultimamente ripensavo alla storia di Gigi Riva: una roba simile poteva capitare solo in Sardegna».
Sardi da azzurro «Marco Spissu è il mio figlio prediletto – sorride il coach triestino –, Gigi Datome l’ho allenato e ora è al mio fianco nello staff azzurro. E Sasha Grant mi pento di non averlo fatto esordire a Reggio Calabria con l’Ungheria, ma è un ragazzo al quale voglio bene. Se penso al mio percorso come allenatore, devo tantissimo alla Dinamo e ai ragazzi che ho avuto con me a Sassari. Marco, Achille Polonara, Stefano Gentile, e Devecchi, Gandini, Chessa. Sono loro, insieme alla Dinamo e alla Sardegna, che mi hanno regalato grande visibilità e, sono sincero, loro a me non devono niente mentre io a loro devo molto. Ma penso a tutte le persone con le quali ho condiviso tanti momenti, da Valentina Sanna dell’ufficio stampa, una grande professionista, a Lele Fara, un caro amico che non c’è più e che è nei miei pensieri ogni giorno».
Meglio i play Di Peppe Poeta, che sta disputando la finale scudetto alla guida della Germani Brescia, sono state dette e scritte cose che riportano alla mente le considerazioni su Pozzecco. «Sì lo so, siamo due cazzari – risponde secco il Poz –. Però intanto dico subito che Peppe è al suo primo anno ed è molto più pronto di quanto non lo fossi io agli esordi da coach. Di certo mi rivedo un po’ in lui, perché entrambi abbiamo fatto una bella carriera, abbiamo un carattere particolare e quando abbiamo deciso di allenare non siamo stati presi molto sul serio. Peppe è preparatissimo, un grande stratega, lo so perché è il mio assistente e perché è sufficiente vedere Brescia. Giocano una pallacanestro di una precisione offensiva e di un ordine sistematico in difesa che solo un grande allenatore può mettere in piedi. In più c’è la gestione umana, perché i giocatori lo adorano. Ma lo vedete Miro Bilan che sale sino a centrocampo per fare lo show difensivo?».
«Mi fa piacere che Poeta, che spero sia il mio successore in azzurro, rafforzi un concetto: attualmente diversi ex grandi play siano diventati ottimi allenatori. Jasikevicius, Spanoulis, lo stesso Bulleri ha questo passato. Rimarco questo perché non sempre viene riconosciuto e perché io credo che gli ex giocatori portino un valore aggiunto nello staff tecnico di una squadra. Poi chiaramente devi anche essere preparato e dimostrarlo sul campo. Ma ce ne sono altri in rampa di lancio, per esempio Luca Vitali, che ancora non ha avuto una chance che meriterebbe. Spero che noi tutti insieme siamo in grado di aprire una strada».
Un papà di nome Poz Ha sempre detto di vedere i giocatori come suoi figli. Come la mettiamo ora con sua figlia, che ha poco più di due anni? «Come padre sono come mi sarei immaginato di essere. Sto tantissimo con mia figlia, ho la fortuna di avere questo tempo e lo dedico volentieri a lei, sono clamorosamente presente. Lei è un terremoto e ora pago lo scherzo che facevo a Sassari ogni volta che telefonavo da Tony al Quirinale e prenotavo un tavolo a nome di Ciccio Terremoto... Confermo però che per me i giocatori sono come figli e sono felice di avere rafforzato questo discorso proprio a Sassari, perché ricordo anche di aver fatto questi discorsi altrove e qualcuno rideva. La verità è che quando alleni ragazzi giovani, o hai un figlio, il punto di vista è più o meno lo stesso. Con una figlia hai responsabilità maggiori, a 360 gradi, ma anche con i ragazzi hai il dovere di aiutarli a diventare ciò che vogliono diventare come giocatori, e questa è una parte importantissima della loro vita».
Un’estate azzurra Gli Europei sono dietro l’angolo. Con quali ambizioni ci arriva l’Italia di Pozzecco? «Sono estremamente sereno: ho un super staff, adoro i miei giocatori. Da quando ci sono io abbiamo fatto un grande europeo e un grande mondiale. Non abbiamo fatto bene al Preolimpico e in tutti questi tre casi so bene il motivo. Ora dico che all’Europeo faremo bene. Il futuro? Se le cose non dovessero andare bene il presidente Petrucci prenderà la decisione giusta. A lui sarò comunque eternamente riconoscente non solo per l’opportunità che mi ha dato ma anche perché mi ha permesso di lavorare nelle migliori condizioni dal punto di vista umano e tecnico. Di certo ho la coscienza a posto. All’Europeo abbiamo perso all’overtime con la Francia, al mondiale con gli Usa ai quarti. Stiamo parlando di squadre di un livello irreale. La Serbia stessa, che una volta abbiamo sconfitto ai mondiali, in semifinale ha buttato la partita con gli americani. Avremmo potuto fare meglio? Certo, avremmo potuto battere Francia e Usa e vincere le olimpiadi. In Italia lo sport nazionale e è abbassare le aspettative, ma io non gioco al ribasso e non esiste precludere ai giocatori la possibilità di sognare e l’opportunità per me viverli con loro».