Addio a Luciano Rispoli, gentleman della tv
ROMA. «Ma che belle parole!»: la tv misurata e perbene di Luciano Rispoli è tutta nel suo slogan, che oggi invade i social in segno di omaggio al giornalista e conduttore di programmi come Parola mia...
ROMA. «Ma che belle parole!»: la tv misurata e perbene di Luciano Rispoli è tutta nel suo slogan, che oggi invade i social in segno di omaggio al giornalista e conduttore di programmi come Parola mia e Tappeto volante, scomparso ieri a 84 anni dopo una lunga malattia nella sua casa di Casalpalocco, a Roma. Una tv rispettosa, non urlata, pronta a puntare «sulla cultura più che sugli ascolti» e a promuovere i giovani di talento, contro «l’intrattenimento ripugnante» e la «malvagità» dei talent.
Una tv che Rispoli ha sempre incarnato, anche a costo di assumere posizioni scomode, criticando quei vertici della tv pubblica che, a suo dire, lo avevano escluso in maniera «indecente e volgare». Nato a Reggio Calabria nel 1932, Rispoli entra in Rai con un concorso per radiocronisti nel 1954. È tra gli ideatori di Bandiera gialla, condotta da Boncompagni e Arbore, e di Chiamate Roma 3131. «È lui – ricorda oggi affranto Mariano Sabatini, a lungo suo collaboratore – a convincere Corrado a fare la Corrida», a lanciare in radio personaggi come Raffaella Carrà, Maurizio Costanzo, Paolo Villaggio, Paolo Limiti. In tv propone nel 1975 L’ospite delle due, il primo talk show della tv italiana, antecedente di un anno a Bontà loro di Costanzo. Poi verranno Pomeridiana, Il gioco dei misteri, Intervista con la scienza, Una grande occasione e soprattutto Parola mia. Dal 1985 al 1988 il preserale di Rai1 gioca con l’italiano per spingere ad esplorare la lingua, a impadronirsene.
Un modello di tv oggi impensabile, che affida le lezioni di galateo a Lina Sotis o alla voce di Arnoldo Foà la lettura dei brani d’autore. Rispoli lascia la Rai per Telemontecarlo, dove conduce Tappeto volante dal 1993, aspettando inutilmente una telefonata dalla Rai.