La Nuova Sardegna

Storia di Sardegna, ascesa e caduta del Regno di Arborea

di Angelo Castellaccio
Storia di Sardegna, ascesa e caduta del Regno di Arborea

Da venerdì 17 novembre con la Nuova il quarto di otto volumi. Con la battaglia di Sanluri la fine del Giudicato

17 novembre 2017
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Il quarto volume della “Storia di Sardegna” di Francesco Cesare Casula, da oggi in edicola con La Nuova, è dedicato al Regno giudicale di Arborea: il più longevo e dalla storia travagliata, ha una popolazione di circa centomila persone in una superficie di 4832 kmq in gran parte a vocazione agricola interesstaa dal tratto terminale del Tirso. Il primo re noto è Gonnario-Comita de Lacon-Gunale, che ai primi dell’XI regna anche in Torres, confortando l’ipotesi che il regno arborense nasca per gemmazione da quello di Torres, giustificando così le mire dei giudici di Torres sull’Arborea, e viceversa, per diritti dinastici ereditari.

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RAZZIE SARACENE. Come gli altri regni giudicali, passato il rischio di presenze saracene vive l’arrivo dei Benedettini a prendere possesso delle chiese loro donate (tra le altre, Santa Maria di Bonarcado), ed insieme di Genova, in concorrenza con Pisa nella conquista di nuovi mercati. Nel secolo XII Comita III, impegnato in una politica espansionista, chiede aiuto a Genova per attaccare il Logudoro, regno giudicale filo-pisano, ma senza successo. Scomunicato dall’arcivescovo di Pisa, è costretto a firmare la pace. Interessante è il progetto del figlio Barisone I: forte di importanti accordi matrimoniali familiari, riesce a pacificare tutti i giudici-re (1146) cercando quindi di diventare re di Sardegna, titolo utile a giustificarne il tentativo di unificazione della Sardegna sotto il suo scettro. Se riuscito, avrebbe cambiato le sorti dell’isola, ma fallisce. Costretto a subire l’offensiva turritano-càlaritana ed in debito con Genova che gli ha finanziato il denaro preteso dall’imperatore Federico Barbaros-sa per incoronarlo (1164) re di Sardegna (nomina senza valore pratico, se non supportata dalle armi), Barisone I è tenuto in prigione da Genova fino a che riesce a tornare in Arborea, in rotta con Genova e Pisa.

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INTRECCI DINASTICI. Barisone I si avvicina così ai Benedettini di Montecassino, che omaggia chiedendo in cambio monaci letterati, ed alla Corona d’Aragona, maritando la figlia Sinispella col visconte di Bas, da cui si origina la casata dei Bas di Arborea. La successione a Barisone I (1185), contesa tra Pietro I e Ugone I de Bas, che si appoggiano rispettivamente a Pisa e a Genova, si risolve con un compromesso che li vede regnare collegialmente fino a che Guglielmo-Salusio IV di Càlari invade il regno arborense facendosi incoronare giudice. Segue una fase nebulosa che vede ascendere al trono Pietro II de Bas, al governo in condominio con lo zio Mariano II di Torres, poi da solo fino al 1241, quando gli succede il figlio Mariano, minorenne. Di fatto governa lo zio Guglielmo di Capraia, che partecipa alla distruzione del Regno di Càrali divenendone signore della terza parte.

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INTRIGHI E VELENI. Mariano II de Bas, legato a Pisa, dove spesso abita ed ha casa, alla quota del territorio dell’ex Giudicato di Càrali aggiunge per conquista le curatorie turritane di Montiferru, Marghine, Goceano, Monte-Acuto, inclusi i castelli di confine. Muore nel 1297 lasciando in eredità i beni cagliaritani a Pisa nonostante sia stato consuocero del conte Ugolino e poi genero del figlio Guelfo, che pare avveleni allorché, fuggendo ferito da Villa di Chiesa, cerca rifugio nell’ospedale arborense di Sette Fonti.

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RIVOLTA POPOLARE. Il figlio Chiano eredita un regno economicamente solido grazie all’esportazione della produzione locale dai porti di Oristano e Neapolis (Santa Giusta) che consente la costruzione di edifici religiosi di raffinato livello culturale e prestiti monetari alla Corona d’Aragona. Ucciso in una rivolta popolare forse per aver concesso a Pisa parte del territorio giudicale insieme con la terza parte del regno calàritano, lascia il trono ai due figli naturali Andreotto e Mariano, che regnano in condominio fino a che, morto Andreotto (1309), Mariano regna da solo.

CADE CAGLIARI. Non senza l’invadente opposizione di Pisa, gli succede al trono il figlio naturale Ugone II, che reagisce alleandosi con la Corona d’Aragona: attacca i Pisani presenti nel territorio anticipando la guerra di conquista del Regno di Sardegna, le cui tappe sono lo sbarco a Palma di Sulcis dell’esercito catalano-aragonese, il vittorioso assedio di Villa di Chiesa e la capitolazione di Castel de Castro (oggi Cagliari), il 19 giugno 1324. Ugone II resta fedele alla Corona d’Aragona anche durante le rivolte di Doria, Malaspina e Sassari, e così il figlio Pietro, alla cui morte nel 1347 diventa giudice il fratello Mariano (IV), già amico d’infanzia del re Pietro I il Cerimonioso. Con lui, il più grande dei giudici isolani per senso dello Stato (imprigiona a vita fratello e nipote, non in linea con tale visione), valutazione del proprio ruolo (già vassallo del Cerimonioso in quanto conte del Goceano, gli è ora di pari grado in quanto sovrano di Arborea), capacità militari (conquista gran parte del territorio isolano), impegno sociale (per esigenze militari, è vero, ma elimina la servitù) e politico (tenta di unificare la Sardegna sotto il suo scettro contro lo straniero), si avvia la rottura col Regno di Sardegna.

GUERRA DI IMMAGINE. La guerra di Mariano IV, sorta per motivi personali (come il Cerimonioso, ambisce al possesso di Alghero, da sottrarre ai Doria, coi quali poi stipula alleanza), da signorile diviene di popolo (nasce con lui la naciò sardescha). Non è solo guerra di armati, ma di immagine, combattuta come è sul fronte giuridico (non a caso viene codificata ora la Carta de Logu de Arborea, conosciuta in edizione successiva dovuta alla figlia Eleonora), economico (si batte moneta di uso corrente per non dipendere dall’alfonsino minuto di conio sardo-aragonese) e diplomatico, col tentativo di indurre il pontefice a concedergli feudalmente il Regno di Sardegna sottraendolo al Cerimonioso.

TERRE VENDUTE. La morte improvvisa di Mariano IV, l’ambiguo comportamento del figlio Ugone III (con successivo tirannicidio), la difficile situazione della figlia Eleonora (condizionata dalla prigionia del marito Brancaleone Doria – già avversario del suocero e pertanto mal visto dagli Arborensi – e dalla cagionevole salute degli eredi e successori al trono, i figli Federico I e Mariano V), che firma sotto ricatto la pace di Sanluri (1388) rinunciando ai territori conquistati con le armi dal padre, la capacità organizzativa della Corona e la sua superiorità di risorse, il malessere della società isolana per anni di guerre, portano così alla sconfitta di Sanluri, che il 30 giugno 1409 avvia la fine del Regno di Arborea. Giunge immeritata, dato che Guglielmo I, pronipote per linea materna di Mariano IV che le vicende hanno portato a rivestire la prestigiosa carica di giudice d’Arborea, vende alla Corona gli storici diritti sul regno.


 

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