La Nuova Sardegna

Il genetista conferma le origini comuni tra i sardi e i baschi

Il genetista conferma le origini comuni tra i sardi e i baschi

«L’isola popolata da genti iberiche nel Mesolitico». Lo sostiene Paolo Francalacci, dell’Università di Sassari 

21 dicembre 2017
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SASSARI. La ricerca di Juan Martin Elexpuru sui toponimi sardi trova conferma anche negli studi del genetista delle popolazioni Paolo Francalacci dell’Università di Sassari.

«Sostanzialmente sono popolazioni che hanno un’origine comune – conferma lo studioso – . A proposito ci sono ipotesi discordanti sul primo popolamento dell’isola, altri colleghi sostengono che l’isola sia stata abitata a partire dal Neolitico da genti che arrivavano dal Medio Oriente, dalla Mezza luna fertile. Dal mio punto di vista il Dna mitocondriale (cioè i geni di origine materna che permettono di studiare le generazioni passate, ndr) e il cromosoma Y, (cromosoma che è la chiave per la determinazione del sesso maschile, ndr) raccontano una storia un po’ diversa».

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Secondo Francalacci la migrazione è avvenuta prima: «Nel Mesolitico, me lo fa pensare un marcatore particolare del cromosoma Y il cosiddetto M26, alcune varianti tipicamente sarde sono assenti in Medio Oriente e diffusissime in Sardegna. Il 40/45 per cento della popolazione lo ha nei propri geni, in pratica un sardo su due – sostiene lo scienziato –. L’M26 è diffuso soprattutto, in frequenze più basse, nella penisola iberica, in Europa occidentale, nella regione dei Pirenei e se ne ritrovano tracce fino all’Inghilterra».

La glaciazione spiega, per lo studioso, un’origine così lontana: «18/20mila anni fa esistevano i cosiddetti “rifugi dai ghiacci”, delle oasi in cui l’uomo era sopravvissuto alla glaciazione. Questi rifugi si trovavano nei Balcani e nella penisola iberica e limitatamente nella penisola italiana. Dai Balcani l’uomo ha cominciato a muoversi, in cerca di sostentamento, verso l’Europa centrale. Un movimento a tenaglia partito anche dall’attuale Spagna e raccontato bene dai marcatori genetici che ritroviamo in Castiglia e nella Francia meridionale. Questi uomini provenienti dalla penisola iberica hanno attraversato il braccio di mare, dalla Liguria e dalla Toscana, reso breve dal ghiaccio, e sono arrivati in Sardegna».

Pochi coraggiosi viaggiatori che hanno popolato l’isola, sottolinea il genetista: «Si è verificato quello che chiamiamo “effetto fondatore”: anche se in pochi, questi uomini si sono riprodotti». E conservato il loro bagaglio genetico. «Immaginiamo, per capire meglio – spiega Francalacci –, una ipotetica popolazione con solo tre cognomi: Rossi, Bianchi e Verdi ecco che tutti i loro eredi, per generazioni, senza influssi esterni e in crescita esponenziale porteranno sempre uno di questi tre cognomi».

«La Sardegna è grande – conclude lo studioso– e permette il sostentamento e la crescita dei suoi abitanti che possono mantenere così le loro caratteristiche. La Corsica, invece, non ha preservato questi primi marcatori, i corsi erano di meno e hanno avuto un rapporto più intenso con il continente, questi segni si sono diluiti e i corsi sono diventati una popolazione italica, e questo si vede anche nella lingua corsa e nei cognomi». (p.cu.)

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