La Nuova Sardegna

Ogni due anni, regolare, arriva il nuovo film di Carlo Verdone. “Benedetta follia” è il suo ventiseiesimo lavoro come regista e guarda anche al suo passato con personaggi entrati nell’immaginario collettivo. Emblematica una sequenza, più o meno a metà del lungometraggio, in cui il personaggio che interpreta, il posato Guglielmo, si confronta con se stesso da giovane, un coatto e pieno di sogni che è facile paragonare a Oscar Pettinari di “Troppo forte”. Anche per la passione per le moto. Ed è sulle due ruote, come viene mostrato all’inizio, che Gugliemo ha conosciuto la moglie Lidia. Quando per conquistarla lungo una strada litoranea ha avuto un brutto incidente. Venticinque anni dopo la coppia è ancora sposata e apparentemente felice. La sera del loro anniversario, però, lei gli comunica di volerlo lasciare perché ha scoperto di essere innamorata di una donna.

Lui fatica a farsene una ragione e si concentra sul lavoro, la gestione di un negozio di arte sacra al quale serve anche una nuova commessa. Impiego al quale si candida Luna, giovane che nonostante i modi e l’aspetto da cubista riesce a farsi assumere. La ragazza porterà nella vita di Guglielmo quella (benedetta) follia necessaria per ricominciare. L’innesco narrativo non è certo una novità: l’incontro tra il borghese della Roma bene e la borgatara coatta. Perfetta nel ruolo Ilenia Pastorelli che aveva esordito al cinema in “Lo chiamavano Jeeg Robot”. La sceneggiatura si snoda tra scene acchiappa risate e una comicità più misurata che vuole raccontare anche la solitudine e la nostalgia. Scritta male e forse anche inutile, invece, la sottotrama sui debiti di Luna.