La Nuova Sardegna

Festival Abbabula 

Motta: «Porterò sul palco la mia anima romantica»

La sua musica arriva direttamente al cuore, forse perché lui per primo confessa di avere una visione romantica quando si siede a comporre canzoni. Motta, vincitore della Targa Tenco nel 2016, è...

05 luglio 2018
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La sua musica arriva direttamente al cuore, forse perché lui per primo confessa di avere una visione romantica quando si siede a comporre canzoni. Motta, vincitore della Targa Tenco nel 2016, è sicuramente uno dei nomi nuovi della musica d’autore italiana e dopo aver fatto breccia col suo primo disco “La fine dei vent’anni” ha replicato con “Vivere o morire”, che porterà sul palco sassarese del Festival Abbabula il 14 di questo mese. La tappa sassarese è inserita in un tour che partirà domenica prossima da Soliera, in provincia di Modena, e lo porterà in giro per l’Italia per replicare il successo di quello dello scorso anno, chiuso con un sold-out all’Alcatraz di Milano dopo oltre cento date. «Sono carico, non vedo l’ora di partire – dice al telefono il cantautore pisano –, suonare dal vivo mi piace tantissimo, è un momento di grande divertimento dopo il tormento della scrittura delle canzoni. Ufficialmente è il mio secondo tour, in realtà saranno stati almeno una decina compresi quelli che mi vedevano in giro a suonare nei pub. Ed è sempre molto bello salire sul palco ».

È già stato in Sardegna diverse volte, come si è trovato?

«Sempre bene, frequento la vostra isola da diverso tempo, addirittura mi ricordo di una serata a Simaxis nella quale ero il fonico di un gruppo. Sono stato anche insieme a Nada in un festival stupendo vicino a Piscinas alcuni anni fa, poi ho portato l’anno scorso il mio progetto a Cagliari e Sassari. Sempre serate molto belle, anche perché ci si vede talmente poco che gli spettatori quando vengono ai miei concerti sono già predisposti a stupirsi».

Che cosa dobbiamo aspettarci allora dall’appuntamento di “Abbabula”?

«Di sicuro un concerto nel quale mi divertirò tantissimo. E non è poco».

Lei è considerato uno dei nomi emergenti della musica d’autore italiana: quanto è difficile fare questo genere in anni musicali come questi?

«Direi che è piuttosto complicato, devi soprattutto proporre te stesso senza mettere trucchi. Significa anche andare avanti sapendo di non essere di moda adesso e forse mai, anche se questo in fondo ti rende sempre attuale. Certo, portare avanti un discorso di questo genere è impegnativo, però è impegnativo comunque fare l’artista a prescindere dai generi. Se avessi vent’anni e avessi scelto di fare il percorso dei talent-show, per esempio, sarei sotto esame per altri motivi, forse sarebbe addirittura più complicato».

Ha parlato del tormento del comporre canzoni, altre volte ha detto le sue canzoni nascono sempre da “un appuntamento con me stesso”.

«È così, scrivo sempre di qualcosa che mi tocca profondamente , qualcosa che ho vissuto in prima persona e dal quale poi mi lascio trasportare. Ho una visione romantica delle cose, a volte disincantata. Di sicuro quando scrivo una canzone devo essere emozionato».

È vero che dopo i concerti si concede sempre una grappa barricata e a trasmetterle questa passione è stata Nada?

«A dir la verità a volte la bevo anche prima, un pochino. E poi sì, dopo il concerto sempre perché penso che bisogna comunque trattarsi bene, Nada mi ha insegnato questo».

In Sardegna si usa il filu’e ferru, se la sente di modificare per una sera il suo rituale?

«Assolutamente sì, sono pronto a qualsiasi assaggio».

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