La Nuova Sardegna

Il film che cambiò la visione dei banditi di Orgosolo

di Fabio Canessa
Il film che cambiò la visione dei banditi di Orgosolo

Un libro di Antioco Floris riesamina l’opera di De Seta a sessant’anni dall’uscita Premiato al Festival di Venezia, non fu mai amato da molti intellettuali dell’isola

07 ottobre 2019
3 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. Esattamente sessant’anni fa, nell’ottobre del 1959, Vittorio De Seta tornava in Sardegna e iniziava sul campo il lavoro che lo avrebbe portato alla realizzazione di “Banditi a Orgosolo” (presentato due anni dopo alla Mostra del cinema di Venezia). Tornava perché c’era già stato per girare due cortometraggi documentari, “Pastori a Orgosolo” e “Un giorno in Barbagia”, che anticipano il suo grande film diventato un simbolo del cinema in Sardegna. E non solo. Un’opera che raccontando al mondo una realtà particolare si è posto anche come agente di trasformazione sociale.

E proprio dalla riflessione «sul potere degli eventi culturali di incidere in modo determinante nel contesto a cui sono legati», fatta con lo stesso regista poco prima della morte, che nasce il libro curato da Antioco Floris “Banditi a Orgosolo. Il film di Vittorio De Seta” pubblicato da Rubbettino Editore (262 pagine, 18 euro). Il volume presenta materiale d’archivio sulla realizzazione del lungometraggio introdotti da un saggio che ripercorre la genesi del film e la sua ricezione in Italia e nel mondo. Preziosa la raccolta di documenti che Floris, docente di cinema all’università di Cagliari, aveva inizialmente concordato con il grande regista pienamente coinvolto dall’idea di un volume sul suo film che potesse essere utile, in primis, ai giovani. «Dopo aver ragionato a lungo sul progetto del libro per telefono, ho incontrato Vittorio De Seta nel settembre del 2011, due mesi prima che morisse, nella sua casa di Sellia Marina sulla costa ionica. In quella occasione abbiamo discusso i dettagli del libro». La scomparsa del maestro ha rallentato il lavoro di Floris, ora finalmente disponibile. La parte documentaria propone una sezione fotografica, con fotogrammi e bellissime foto di scena, alcuni scritti di De Seta, soggetto e sceneggiatura desunta e degli appunti presi nella lunga permanenza a Orgosolo in preparazione delle riprese. Parole che mostrano direttamente l’approccio del regista, l’avvicinamento a un mondo che la lettura dell’inchiesta di Cagnetta (spinta iniziale del suo interesse per Orgosolo) non bastava per conoscere. De Seta si mette al servizio di quel mondo creando un modo innovativo di fare cinema, radicalizzando la lezione neorealista. Un cinema fatto con poche risorse e tanta umanità. «Il modo stesso di costruire una parte della sua storia – sottolinea nell’introduzione Floris – ne evidenzia la grande sensibilità: un soggetto più o meno articolato si definisce nei dettagli con gli attori (non professionisti) che interpretano i diversi ruoli e contribuiscono con il loro vissuto e la personalità a elaborare i dialoghi e le situazioni». Il film nel 1961 viene presentato a Venezia e vince il premio come miglior opera prima «In riconoscimento della singolare maturità stilistica con la quale il regista ha amorevolmente rappresentato aspetti e problemi di una società contadina». Sulla ricezione di “Banditi a Orgosolo” a livello regionale, nazionale e internazionale si concentra una parte importante del saggio di inquadramento storico-critico che compone la prima parte del libro.

Nella Sardegna di allora il film fu analizzato dall’intellighenzia isolana soprattutto per la sua natura socio-antropologica. Con qualche riserva da Antonio Pigliaru sulla rivista Ichnusa, in modo negativo da Aldo Cesaraccio sulla Nuova Sardegna, positivamente da Salvatore Mannuzzu in un saggio per Cinema Nuovo. Mentre la critica nazionale soffermandosi di più sugli elementi estetici-cinematografici aveva, dopo la presentazione di Venezia, accolto con favore il lungometraggio salvo alcune bocciature come quella di Gian Luigi Rondi. Dopo l’anteprima veneziana “Banditi a Orgosolo” fu presentato in giro per il mondo, vincendo altri premi a New York e Boston. Tra gli approfondimenti critici all’estero più importanti, quello in Francia dei Cahiers du Cinema a firma di Jean-André Fieschi e quello di Eduardo Manet su Cine Cubano che evidenzia gli aspetti rivoluzionari del film come modello di riscatto sociale.

In Primo Piano
L’intervista

Giuseppe Mascia: «Cultura e dialogo con la città, riscriviamo il ruolo di Sassari»

di Giovanni Bua
Le nostre iniziative