La Nuova Sardegna

La Maddalena 

I grandi artigiani della vela latina

I grandi artigiani della vela latina

Una meravigliosa sequenza apre il capolavoro di Luchino Visconti “La Terra Trema”, film ispirato al romanzo “I Malavoglia”. È il momento dell’aurora, le prime luci rischiarano il buio della notte....

26 ottobre 2019
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Una meravigliosa sequenza apre il capolavoro di Luchino Visconti “La Terra Trema”, film ispirato al romanzo “I Malavoglia”. È il momento dell’aurora, le prime luci rischiarano il buio della notte. Una flottiglia di gozzi armati a vela latina rientra dalla pesca. Il mare è illuminato dalla luce fioca delle lampare. Immagini che raccontano una storia millenaria. La vela latina è stata, per secoli, l’attrezzatura velica della marineria mediterranea dedita alla pesca costiera e al traffico marittimo di piccolo cabotaggio.

In Italia e nel Mediterraneo è stata utilizzata sino all’avvento del motore. Poi, pian piano, è sparita dall'orizzonte delle nostre coste. Con una piccola, significativa eccezione, in Sardegna, a Stintino. Dove un nucleo di affezionati vacanzieri, chiamati “bagnanti” dai locali, aveva conservato in efficienza l'armo velico di lance, gozzi e guzzette, con le quali raggiungevano le spiagge e i luoghi ameni della splendida costa, che si sviluppa vicino a “li stintini”, gli intestini. Questo il nome dei due fiordi intorno ai quali, nel 1885, 45 famiglie costrette ad abbandonare l'Asinara, diedero vita al borgo di Stintino. Grazie a quella flottiglia di “barche da passeggio”, nel 1976 nacque la prima, estemporanea, regata a vela latina. Una manifestazione informale, che non ebbe seguito immediato ma vide, per la prima volta in Sardegna, le barche dalla lunga antenna misurarsi in gara.

La più semplice

L’armo latino è formato dall’ antenna, lungo pennone al quale viene legata la maestra, la vela principale. L’antenna, fissata all’albero da una cima chiamata trozza, viene issata sull'albero tramite l’amante o sciunco. Le altre manovre sono la balanzina, che sostiene la parte poppiera dell’antenna, il carro e l’orza, che regolano, da sopravvento e da sottovento, la posizione dell’antenna in relazione all’andatura della barca. Caratteristica della vela latina è risalire bene il vento, molto meglio delle più antiche vele quadre.

Questa qualità favorì la diffusione nei nostri mari. Nel vocabolario Marino e Militare di Alberto Guglielmotti, pubblicato nel 1899, è così descritta: «La vela latina è la più antica e la più semplice di ogni altra. Pendente da un albero e da un’antenna, allarga la base, stringe il vertice, e naturalmente da se acconciasi al centro velare ed alla spinta migliore. Linda, con poche manovre, non ha bisogno di boline, non di bracci, non di mantiglie ed è la migliore per stringere il vento. Essa va all’orza fino a quattro quarte, quindi domina l’orizzonte per ventiquattro rombi dove la vela quadra a stento non raggiunge che venti». Nonostante il suo declino, cominciato nella seconda metà del Settecento, determinato dalla comparsa dell’attrezzatura aurica prima e bermudiana poi, a loro volta più efficienti nel risalire il vento, in alcuni paesi del nostro bacino è ancora d'uso nelle flotte da piccola pesca, come in Tunisia e altri paesi del Maghreb.

Dopo l’esperimento del 1976, nel 1983, fu organizzata la prima edizione della Regata della Vela Latina di Stintino, arrivata quest'anno alla trentasettesima edizione. Nel volgere di pochi anni la vela latina diventò un fenomeno importante. Manifestazioni dedicate a questo splendido armo velico nacquero in tutta l'isola; quindi in altre parti d'Italia, in Francia, Spagna, in Croazia. Nel 2000, alla diciottesima edizione della Regata, le barche iscritte superarono le 100 unità.

Ascesa e caduta

Questa crescita esponenziale diede nuovo impulso alla cantieristica tradizionale, coinvolta nel recupero e restauro di barche anche molto antiche, così come nella costruzione di nuove unità. I mastri d'ascia di Alghero, Bosa, Carloforte, La Maddalena, Olbia, Porto Torres, Sant'Antioco, la stessa Stintino si ritrovarono, quasi magicamente, a ricevere un numero importante di commesse. Una grande opportunità per una ripresa, aggiornata ai tempi, a favore di un'industria artigiana, con una tradizione secolare. Poi, in parte per l'affievolirsi di un entusiasmo per alcuni solo modaiolo, un po' per diatribe e dissapori tra i principali attori organizzativi, il fenomeno ha conosciuto una flessione di partecipazione e interesse.

Una parziale significativa eccezione è rappresentata dall’isola di La Maddalena, che conta la più importante flotta italiana di grandi gozzi a vela, detti “velieri”. Una flotta che in mare ci lavora; in qualche modo un ritorno al passato. I velieri svolgono attività di noleggio, rappresentando uno dei modi più coinvolgenti e affascinanti per visitare l'arcipelago. Sull'isola madre opera l'Associazione Nazionale Velieri in Vela Latina; organizza regate, intende operare per la divulgazione della conoscenza e pratica di questa peculiare tipologia velica, si occupa del recupero e restauro di barche che a volte rischiano di andare perdute.

Gioia di restaurare

Con questo intento è stato avviato un progetto, sostenuto da un contributo regionale, che coinvolge i mastri d'ascia maddalenini. Sono tre i cantieri tradizionali attivi sull'isola: il Cantiere Caprera di Davide e Gioacchino Del Giudice, il Cantiere Carrano e il Cantiere Francesco Esposito. Nel progetto è previsto il recupero di due gozzi e la conclusione del restauro di un veliero di 12 metri.

Franco Esposito (foto in basso a sinistra), titolare dell'omonimo cantiere, si occuperà di ridare vita a Luisa, gozzo di 7 metri e mezzo costruito a La Maddalena, varato nel 1981. «Per me è una gioia occuparmi di questa barca – racconta Esposito –. Mastro Nunzio Demeglio, il mio maestro, aveva appena terminato la costruzione, quando ho cominciato l' apprendistato nel suo cantiere. Ricordo il varo come se fosse oggi. La barca era di proprietà dell'ammiraglio Moriano. L'estate scorsa mi è capitata una cosa curiosa – prosegue –: ero a bordo della mia barca, stavo facendo qualche lavoretto. Si è avvicinata una persona; si è fermata a osservare ciò che facevo. Abbiamo iniziato a parlare. Mi ha detto che il padre, un ammiraglio, aveva vissuto a La Maddalena e aveva una barca costruita sull'isola. Gli ho detto che sono mastro d'ascia, l'ho invitato a visitare il cantiere, dove già tenevo Luisa. Quando l'ha vista l'ha riconosciuta immediatamente e si è commosso. L'ho invitato al varo; mi ha assicurato che non mancherà».

Il compito di Vincenzo Carrano (foto in basso a destra) sarà il restauro di un gozzetto di appena cinque metri e mezzo. «L'abbiamo recuperato a Porto Pozzo, appoggiato a un pontone, in condizioni precarie. Probabilmente nasce come schifetto carlofortino; negli anni son state fatte modifiche, soprattutto sul piano di coperta, che ora ricorda quello di una spagnoletta; è un ibrido tra Carloforte e Alghero. Con il restauro aggiungeremo del sapore maddalenino» dice Carrano, che aggiunge: «Il meticciato tra stili diversi è una caratteristica della carpenteria navale. Il gozzo maddalenino nasce dallo sviluppo della feluca campana, arrivata qui con i ponzesi. Arrivavano anche liguri e toscani, con barche diverse. Qui è nata una sintesi, a sua volta determinata dalle caratteristiche locali: vento nervoso, mare formato e molto pescoso. Quindi barche più larghe, dalla struttura più robusta».

L’età dell’oro

Il Cantiere Caprera ha costruito e restaurato molte barche a vela latina. Davide Del Giudice dice che la rinascita dell'interesse per quest'armo antico è stata un'età dell'oro: «Non riuscivamo a star dietro alle commesse, è stato un periodo incredibile. Riprendevamo a fare quello che si era sempre fatto: costruire e mantenere barche in legno». Anche il Parco Nazionale della Maddalena mostra attenzione per le barche tradizionali. Nel 2002, con il sostegno dell'Ente, furono costruiti tregozzi; uno ha recentemente partecipato al Trofeo di Mezzo Passo. Il presidente del Parco è il maddalenino Fabrizio Fonnesu: «Per La Maddalena, quindi anche per il Parco, la vela latina ha enorme importanza – dice –. Fa parte della nostra identità, incarna un'idea di fruizione del territorio improntata alla sostenibilità. Visitare questi luoghi a bordo di un gozzo a vela è un'esperienza, emozionale e culturale che fa la differenza».

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